venerdì 10 luglio 2009

La storia di Pierco

Usavano il Napalm per distruggere e depredare le popolazioni primitive della zona Pennina Uraniana, nessuno si domandava se ció fosse giusto o sbagliato, tutti lo facevano per semplice spirito di sopravvivenza e per i soldi. Ma tutti lo facevano con gioia, una gioia che confluiva in grandi raduni sotto le enormi macchine spargiveleno.
Dietro alla radura c'era il cantiere, un palazzo di 20 piani sulla destra e poco più avanti l'entrata della miniera. Una delle miniere più ricche del pianeta. Talmente tanto uranio da poter dare energia a tutto il sistema solare per millenni, talmente tante radiazioni da poter uccidere una galassia in una manciata di secondi.
Migliaia di uomini lavoravano per il bene della società, per uno stipendio straordinario, per una morte dolorosa che li avrebbe sicuramente accolti di li a breve.



Pierco era il piú giovane di tutti, sapeva guidare a stento i titanici macchinari e rischiava quasi quotidianamente di venire minimizzato da un cingolo. Pierco lavorava male, cadeva sempre, si feriva, perdeva sangue, passava le notti in infermeria. Ma ogni mattina era sempre la, pronto, con il caschetto in testa. Era pronto sempre prima degli altri, era pronto perché, se lo non fosse stato, probabilmente satrebbe morto. E Pierco non volevo morire.
Non oggi almeno.
Non il giorno prima del suo compleanno.

Pierco non infastidiva nessuno, teneva in ordine la sua branda ed era sempre gentile con tutti anche se nessuno gli rivolgeva mai la parola. La sera amava disintossicarsi dai gas respirati per tutto il giorno, gas che non erano neanche rozzamente puliti dalle ridicole mascherine che il capo gli forniva una volta alla settimana. Mascherine che, naturalmente, erano dotate solo di filtri usati. I filtri nuovi costavano troppo e nessuno era così bravo da meritarseli.
E poi nessuno era mai sopravvissuto per piú di 10 mesi in quel cantiere. L´operaio piú vecchio aveva 36 anni e lavorava li da 28 mesi. Era ancora vivo solo perché aveva passato gli ultimi due anni chiuso in uno sgabuzzino degli attrezzi, al terzo piano dell´edificio di 20 piani che ospitava tutti durante le poche ore di sonno.
Due anni nutrendosi di setole di scope e bevendo detersivi filtrati.


Pierco lavorava da 5 mesi, gliene restavano 5 di vita, era perfettamente a metá e perfettamente a metá coincideva il suo compleanno. 19 anni. Pierco sapeva che il bello oramai era passato, per i primi 5 mesi le radiazioni ti lasciano in pace, verso il sesto inizi a tossire e a sentire una stretta ai polmoni, durante il settimo si aggiungono la perdita graduale della vista e la diminuizione della sensibilitá e della forza nelle mani, il settimo si apre con la caduta dei capelli, l´ottavo con la comparsa di pustole gialle ovunque per il corpo, il nono con la perdita delle dita e infine il decimo, con la morte del cervello.
Non si moriva immediatamente, si diventava piante. Dei vegetali inutili, che riempivano stanzoni colmi fino all'inverosimile di altri vegetali che, sbuffanti, aspettavano di essere tritati e poi inceneriti.

Pierco si stupiva sempre, era un ragazzo semplice del resto. Era scappato dalla città per cercare fortuna, aveva trovato la morte assicurata quanto lo stipendio a sei zeri che desiderava tanto. Veniva pagato tantissimo, aveva calcolato tutto: 5 mesi di lavoro, non mi ammalo, metto via abbastanza soldi per poter tornare in città, parto, metto su quella piadineria che tanto desidero e vivo felice e contento, magari sposato, per sempre.
Pierco sapeva benissimo la storia dei 5 mesi.
Suo padre era morto come tutti dopo 10, suo fratello in un incidente dopo 3, suo nonno era una leggenda perchè era l'unico operaio sopravvissuto per ben 12 mesi. Va bene che gli ultimi due li aveva passati senza vedere, parlare, sentire, gustare e muovere le braccia, ma dovevate vedere come guidava da dio la colossale trivella appositamente modificata per lui!
Era davvero difficile essere un imbranato con un nonno come quello, con un padre che era stato un operaio modesto e con un fratello che si era immolato per il bene della società.
Però non ci poteva fare niente, era imbranato anche prima di andare a lavorare nella miniera, forse era finito a lavorare li proprio per quello. Con un curriculum familiare come il suo era stato preso senza domande, se aveva metà del talento dei suoi antenati avrebbe estratto talmente tanto Uranio da rendere inutile il lavoro di altri 100 suoi colleghi.
Il problema si presentò quando si resero conto che avevo molto meno della metà della metà della metà del talento di suo nonno, era del tutto incapace. Solo che se ne accorsero dopo i primi due mesi di prova, quindi era diventato un operaio a tutti gli effetti per inerzia.
Un pessimo operaio. Un ancora peggior minatore.
Sarebbe anche diventato un pessimo vegetale.

Pierco progettava la sua fuga da sempre. Il giorno del proprio compleanno un operaio può prendere 3 ore di libera uscita dalla miniera per andare a festeggiare in famiglia. 3 ore era il tempo che Pierco avrebbe impiegato per andare a casa, mangiare frettolosamente una fetta di torta alle prugne della mamma, unico familiare in vita di Pierco, scendere di casa, saltare sulla macchina, andare in banca per prosciugare il suo conto, guidare verso l'aereoporto e prendere l'aereo per la Thailandia che aveva prenotato 6 mesi prima.

Pierco salutava i colleghi con strette di mano vigorose, mancavano ancora 6 ore alla libera uscita.

La sveglia era il motivo per cui ogni operai odiava andare a dormire. Come si può concepire tale abominio musicale, tale entità di volume, tali decibel, tali flash di neon che si azionano all'unisono ricordandoti che la tua fine si fa ogni giorno più vicina? Era sadismo allo stato puro.
Però oggi era leggero, Pierco ne fu solo sollevato.

Oramai i compiti da svolgere erano pochi, firmare le carte di autorizzazione, salutare il vecchio Rainer, saltare sul pullman aziendale e dare vita al piano.



Pierco non ne poteva più, erano 7 minuti che aspettava il capo per firmare le carte. 7 minuti che nella sua testa erano 7 ore, 7 ore passate a guardare il soffito, il neon traballante sopra la segretaria ancora più traballante. Sulla sua destra una pianta da ufficio, uno di quei vegetali talmente statici e impolverati da ricordargli suo padre nel suo ultimo sorriso il giorno del suo funerale, tritatura, inceneritura.
8 minuti e lo stronzo massimo si presentò con noncuranza, senza guardarlo nemmeno in faccia, sedendosi sulla sedia in pelle nera facendo stridere il cuoio della tuta, simulando un peto d'altri tempi. Pierco non aveva tempo da perdere, lo stronzo il tempo lo perdeva volentieri con le dita nel naso.

"Ecco le tue carte, metti una firma qui, qui e qui."
Pierco scrisse il suo nome con una velocità inaudita, la terza volta lo scrisse addirittura alzandosi dalla sedia, stava richiudendo il tappo che era già fuori dalla porta.
"Aspetta, Pierco!" Disse il capo sorridendo, lui non poteva sapere che stava sorridendo realmente, ma lo immaginava, sapeva dentro di lui che quel sadico bastardo era anche l'inventore della sveglia e delle mascherine riciclate.
"Aspetta, devi prima passare dall'ufficio personale per il collare di sicurezza."
"Collare?" disse Pierco stranito.
"Si, il collare. Vai vai, ti stanno aspettando." e dicendo questo schiacciò il pulsante di chiusura automatica della porta, porta che sfiorò il volto sudato di Pierco.

Arrancando guidato dalla rabbia Pierco raggiunse l'ufficio personale. Un omone lucido di grasso gli stava legando al collo un macchinario di almeno 4 chili, sporco e pieno di aghi che si gli si infilavano nel collo, bucandolo e rendendolo pieno di sangue.
"Ecco fatto, adesso dagli qualche minuto che registra il tuo gruppo sanguinio e il tuo DNA e ci siamo. Sai, non mi piace questo metodo, ma il capo è stanco di vedere gente scappare da questo posto. Devi capirlo, lui investe su di voi, crede in voi e nel vostro futuro. Crede nel bene comune dell'azienda. Non è che non si fida, sa che un collare zeppo di esplosivo legato al collo di un dipendente è un ottimo modo per evitare di perdere un prezioso sottoposto!"
Si interruppe solo per sputare per terra e ridere, stava per salutare Pierco con un simpatico pugno dietro la nuca quando si fermò.
"Ricorda, è collegato con il tuo sangue, esplode con il sangue di qualunque altra persona, esplode se te lo togli e se non torni qui entro 3 ore a partire da....adesso."
Dicendo questo, azionò l'interruttore, rifilò il pugno tanto agnognato dietro la nuca di Pierco e sputò nuovamente per terra.

Il viaggio fu un agonia, non sapeva niente di questo collare.
Ai tempi del nonno non c'era, il compleanno di suo padre era stato proprio nei due mesi di scarto dai 10 di vita di quell'anno e suo fratello non era vissuto abbastanza per poterglielo dire. Nessuno dei suoi colleghi ne aveva fatta parola. Non si parlava tanto fra operai destinati a morire.
Neanche il vecchio Rainer, l'unica persona di cui Pierco si Fidava, glielo aveva mai detto. Il vecchio Rainer non era un uomo affidabile, non per cattiveria ma per Alzheimer. Non si ricordava neanche il nome di Pierco, ricordava vagamente il suo profilo. Non ricordava i dolci alla mandorla che Pierco gli portava sempre, li mangiava avidamente e una volta svuotata la scatola si dimenticava di aver appena mangiato e incominciava a lamentarsi con il primo operaio del fatto che in quella cazzo di miniera non si trovavano mai i dolci alla mandorla che gli piacevano tanto.

Le scale di casa sembravano infinite, ogni gradino si moltiplicava con il successivo generando una prole infinita di piccoli gradini meschini.
La madre lo accolse piangendo, non aveva mai visto quel collare ma dentro di se conosceva la sua funzione. Non disse nulla, lasciò che le lacrime si riversassero su di Pierco in un abbraccio infinito. Sul letto di camera di Pierco c'era la valigia che avevano preparato insieme 5 mesi prima, una valigia piena di vestiti, padelle e ricettari con il tema Piadina.

La torta si attaccava al palato e le prugne erano stantie, la panna acida si spandeva beffarda sul mento di Pierco, che, senza dire nulla, guardava l'orologio a pendolo davanti a se.

Certe volte, l'amore di una madre è capace di cambiare il destino di un uomo.
Non segue percorsi logici, sfida tutto il male che alberga nel mondo, è capace di dare una forza sovraumana. Lei lo sentiva, se sei mamma sai anche che hai dei superpoteri nascosti. Alcune riescono a sentire se il figlio sta male, altre riescono a capire dove é finito quel calzino che gli manca da settimane, altre ancora sanno cosa cucinare per renderlo felice.
Lei non sapeva niente di tutto questo. Non era stata una grande madre. Era stata una buona madre, sufficentemente capace di ascoltare, brava quel che serve a cucinare, scarsissima nel rammendare i vestiti, completa nell'amare un marito morto giovane, straziata nella perdita del suo primogenito.
Non sapeva tanto, non aveva studiato, non faceva molto oltre a guardare la televisione.
Era inconsapevole di tutti i meccanismi che regolano il funzionamento di un collare a DNA carico di esplosivo. E forse è stato proprio questa ignoranza a guidarle le mani nei punti giusti, sapiente abbastanza da capire come sbloccare la chiusura, intelligente a tal punto da spargere il suo sangue, assolutamente simile a quello del figlio, sugli aghi che, senza fatica, infilava profondamente nella sua carne. Lasciandoli nutrire di lei.

Pierco non aveva sentito nulla. Era in un altro luogo.
La madre entrò nel suo raggio visivo e lui si ritrovò davanti al fatto compiuto. La bomba non era esplosa, lui era libero, la madre, di li a breve, sarebbe saltata in aria.
"Corri. Te lo meriti." Disse la madre.
Pierco scoppiò a piangere ai suoi piedi, mentre il sangue le sporcava la veste già intrisa di panna e succo di prugna.
"Grazie." disse correndo in camera, con la valigia in mano la baciò, con gli occhi pieni di lacrime corse verso la macchina e, una volta dentro, spinse l'acceleratore fino alla sua libertà.

Quello che doveva essere il suo destino fu cambiato dall'amore di sua madre.

Certe volte siamo vittime di un disegno superiore, siamo pedine sulla scacchiera di un Dio crudele, siamo criceti nel negozio di animali sotto casa. Siamo ignari di cosa ci aspetta ma siamo consapevoli di essere pronti per ogni cosa. Vomitiamo le nostre paure davanti ad un fato ingiusto, ringraziandolo per farci sentire vivi.
Fatto sta che in quell'attimo, nella vita di tutti, successe qualcosa.

Pierco vide lo scoppio dall'aereo.
Rainer si ricordò di tutti dolci alla mandorla che Pierco gli aveva offerta in quei mesi.
La madre abbracció un uomo mentre pezzi di se invadevano un ufficio di dubbio gusto.
Il suo capo venne ridotto in cenere da una donna sconosciuta che, mentre lo abbracciava, elencava i nomi dei familiari morti per la sua società.

Delle volte, il lieto fine odora di esplosivo e carne bruciata.