domenica 21 novembre 2010

La vera storia inventata di www.santaclaus.com

Correva l'anno 1998 quando, il giovane Seymoure Pawkins, venne folgorato dalla strabiliante idea di fornire al vecchio portatore panciuto di regali un identità telematica, diventando il fondatore di santaclaus.com. Seymoure era un ragazzo giovane, nonostante i lineamenti. Nato in un piccolo paese dell'entroterra americano, Blackwater Tennessee, era cresciuto in un ambiente informaticamente stimolante. Il padre, Nathan Pawkins, era programmatore in una piccola società di software per stampanti. Ma non di quei software che semplificano la vita o che fanno funzionare meglio. Il suo compito era quello di creare codificazioni sempre diverse di modo che ogni stampante avesse una percentuale di fallimento nell'installazione pari al 65%. Fu un vero affare per tutte le più grandi aziende del settore che in breve tempo si rivolsero a lui per creare problemi e quindi rendere impossibile il funzionamento corretto dei loro prodotti. Una variabile necessaria per tenere il compratore per le palle. Seymoure quindi sapeva benissimo come fare soldi, come farli velocemente e nel modo più scorretto possibile. Con il modico investimento di 34$ a quattordicianni era l'unico proprietario del dominio www.santaclaus.com. Grazie all'aiuto del padre in poco tempo aveva una mail perfettamente funzionante: dear@santaclaus.com, un sito pressochè mediocre con povere gif animate di renne dal naso rosso, uno sfondo luccicante di Babbo Natale che sorride delicato mentre il fuoco del camino illumina la stanza e l'indirizzo e-mail enorme e lampeggiante al centro. Ora gli serviva pubblicità, tanta. Visibilità, ancora di più. Ma soprattutto tanta, tanta fortuna. All'epoca google non funzionava ancora perfettamente e vi erano tanti altri concorrenti che ne minacciavano l'assoluta egemonia. L'algoritmo che lo regolava era imperfetto e nessuno sapeva se avrebbe retto alla prova delle masse che si stavano per affacciare sul web alla soglia del nuovo millennio. Così, per una serie di improbabili quanto fortunate coincidenze, fu proprio Sergey Brin (inventore di Google) a sentire il compulsivo bisogno di rendere la propria creazione un faro in questo mare di novità che era la rete. Era dicembre, di neve non se ne era ancora vista ma di spirito natalizio ce ne era fin troppo. La decisione fu rapida: Google doveva essere il motore di ricerca di Babbo Natale. Gli ci volle un attimo per trovare il sito di Seymoure e in men che non si dica ecco che la mail lampeggiava esattamente sotto la barra dove inserire l'oggetto delle ricerche. Seymoure faceva colazione come tutti i giorni, il sito era stato aperto ad aprile, largamente in anticipo rispetto alle festività. Fino ad adesso aveva ricevuto solo 3 mail. Tutte e 3 di un coetaneo suo vicino di casa che, con il suo 56k, lo sfotteva per aver buttato via dei dollari in un idea idiota. Dopo aver sparecchiato accese il computer, rimanendo alquanto sorpreso nel vedere che la sua casella postale aveva ricevuto 89 mail di bambini e genitori. Le lesse tutte quante con calma, ridendo per l'assurdità di alcune richieste. Era domenica, quindi non doveva andare a scuola e fuori era brutto tempo. Pensò di usare il tempo a disposizione per rispondere a tutti. In poco tempo e dopo tanti Oh-oh-oh aveva finito, era felice e si sentiva utile. Quella sensazione di gioia che ci da l'aiutare qualcuno, il dare speranza a chi non ne ha. In un attimo la mail fu nuovamente invasa. Da un lato era molto lusingato da tali attenzioni, da un altro iniziava ad essere spaventato. Gli ci volle l'intero pomeriggio per rispondere a tutti. Verso sera la casella era ingolfata da più di 3000 mail, alcune in triplice copia per essere sicuri. Qualunque essere umano normale sarebbe impazzito, Seymoure no. Iniziava a sentire in lui il potere della gioia natalizia. Si sentiva una divinità, anzi, ancora di più, si sentiva la festività per eccellenza. Lui, all'età di 14 anni, era diventato Babbo Natale. Passò tutta la notte a rispondere. In pochi giorni, data la sua straordinaria efficenza, mezzo mondo aveva ricevuto una cordiale mail di ringraziamento con un simpatico Oh-oh-oh dorato alla fine. Ma Seymoure sapeva di poter fare di più. Tutto quel sonno perso doveva iniziare a tornargli indietro sotto forma di denaro. Così iniziò ad inserire le coordinate bancarie del suo conto da studente, esattamente dopo la firma Oh-dorata. Ma fu ben attento dal non specificare nelle lettere di fare un versamento. Non voleva essere accusato di truffa, quindi lui lo mise là, in piccolo, appena leggibile. Uno spunto. Una cosa talmente assurda che solo un idiota ci sarebbe potuto cascare. E il primo idiota fu Walter J. Beaff, canadese d'adozione. Era talmente emozionato dall'aver ricevuto risposta da Babbo Natale che non ci pensò su due volte e fece il versamento. Il ragionamento fu semplice: ho chiesto a Babbo Natale le nuove scarpe della Nike magiche che fanno fare i salti come Michael Jordan, lui ha detto che mi può mandare la parte magica ma che la parte scarpa deve procurarsela come tutti quanti, quindi io gli anticipo il costo della scarpa, lui penserà poi al resto. Walter J. Beaff aveva 34 anni, credeva in Babbo Natale ed era idiota dalla nascita. Oramai era passata una settimana, Seymoure, per riuscire a rispondere a tutte le mail, fingeva di essere malato da altrettanto tempo. Non viveva più se non per digitalizzare una risposta ai sogni del mondo intero. Venerdì mattina fu la banca del suo paese ad essere sorpresa. La madre di Seymoure ricevette la telefonata da un impiegato che le diceva di essere mortificato a nome della struttura per cui lavorava, ma che non potevano più fornirgli il servizio fino ad adesso assicurato. Il conto del figlio aveva fatto aumentare il capitale interno del 300% ed era oramai insostenibile riuscire a garantire una liquidità così imponente. Così le chiesero gentilmente di spostare almeno una parte dei soldi presso una struttura più adatta alle sue esigenze. La madre non capiva, pensò ad uno scherzo di cattivo gusto e corse in banca per parlare con il titolare. Fu un ambulanza a riportarla a casa. Era svenuta quando, domandando l'importo del conto del figlio, le era stata risposta una cifra che si aggirava intorno ai 10 milioni di dollari. Seymoure era così diventato contemporaneamente sia il più giovane Babbo Natale che la storia avesse mai conosciuto che il più giovane milionario che internet avesse mai generato. Una volta sveglia iniziò a martellarlo di domande, voleva sapere da dove venivano tutti quei soldi, in che cazzo di casino si era andato ad infilare. Ottenne risposta soltanto quando il padre tornò a casa da lavoro. Insieme ricostruirono l'assurda storia che li aveva portati ad essere i genitori di un truffatore così abile quanto dedito al suo ruolo. Ma oramai, alla luce dei fatti, era impossibile restituire i soldi a tutti. Anche volendo non sarebbero mai riusciti a risarcire tutti i donatori senza l'aiuto della banca che li aveva appena scaricati. Fu allora che a Seymoure venne un altra idea. Se Babbo Natale fosse esistito veramente adesso starebbe preparando tutti i regali, aiutato dai folletti e dalle renne. Gli serviva qualcuno che andasse a comprare i regali, qualcuno che lo aiutasse nell'imballarli e ancora qualcun'altro che lo aiutasse a spedirli. Al sentire quelle parole i suoi genitori si arrabbiarono con lui ancora di più, fu il loro avvocato a convincerli che forse quella era davvero la soluzione più semplice e logica per questa delicata questione. Grazie ad alcune conoscenze altolocate riuscirono a convocare in brevissimo tempo una riunione d'emergenza all'interno del municipio di Blackwater. Erano arrivati tutti, i rappresentanti dei negozi del paese, il responsabile delle poste, il direttore della locale fabbrica di cartoni, l'associazione Anziani per i Bambini, il centro Lavoro per Messicani e il direttore della scuola. Convennero tutti che il tempo era poco e che non sarebbero mai riusciti a fare davvero tutti quei regali, che le poste non sarebbero mai state in grado di spedire tutti quei pacchi e che era praticamente impossibile mettere ordine in tutto quel casino. Fu nuovamente Seymoure a capire che bisognava mettere in riga questa massa di adulti senza fantasia in quel momento di confusione e frustrazione. Carico della posizione che internet gli aveva affidato si rimboccò le maniche e iniziò a dare ordini a tutti. I negozianti, guidati dalle migliaia di email stampate grazie all'aiuto del padre redento di Seymoure, fecero degli improvvisi ordini di massa dai loro fornitori, che furono ben felici di soddisfare. Nel frattempo, gli anziani dell'associazione Anziani per i Bambini e i messicani del centro Lavoro per Messicani, iniziarono a preparare le scatole, prese dalla vicina fabbrica di cartoni, finalmente felice di essere utile per la comunità. Nel giro di una settimana interminabile tutto era quasi pronto. Ogni autoveicolo del paese venne utilizzato per trasferire i pacchi, che per necessità di spazio erano stati imballati nella scuola locale, verso il centro smistamento delle Poste. Fu proprio questa fase finale quella più delicata. E fu proprio in questa fase che subentra la fantascienza natalizia. Nessuno sa esattamente che cosa successe, ma per la prima volta dopo 150 anni dalla sua fondazione, il sistema delle poste americane funzionò. Non meglio o peggio rispetto al passato. Semplicemente, funzionò. In quella settimana, l'ultima di Dicembre, furono spediti ben 4677 scatole contenenti i più disparati desideri che il mondo avesse mai generato nella sua totale innocenza. Il 25 sera, Seymoure e la sua famiglia rientrarono a casa stremati, consapevoli di aver fatto qualcosa di incredibile. Di averlo fatto soprattutto per gli altri, perchè la loro casa era vuota, senza nessun addobbo, solo stampanti e carta, ovunque, carta piena di desideri altrui. Il conto banca era stato svuotato, così come i negozi locali che registrarono un incasso mai visto. Il piccolo paese di Blackwater Tennessee era diventato ufficialmente la succursale minore del polo nord. Seymoure Pawkins, da milionario, era tornato ad essere un ragazzino con un sito scomodo. Nello stesso momento, in un altra nazione, Walter J. Biff stava scartando uno strano pacco che gli era arrivato dall'america. Erano le sue scarpe, le sue Air Jordan della Nike, modificate con un pennarello dorato. Ai lati Seymoure aveva pensato bene di aggiungere a mano la scritta: magic is in the Air Jordan. Il giorno seguente Walter J. Biff si svegliò presto, sovreccitato da quell'inaspettato regalo, indossò le scarpe e corse in strada per provarle. Fu portato d'urgenza in ospedale il pomeriggio stesso, nella foga del momento aveva eseguito una perfetta schiacciata senza calcolare però che il suolo del campo nel quale si allenava sempre era diventato una lastra di ghiaccio. Babbo Natale può rendere magiche delle scarpe, ma non può renderti meno idiota di quello che sei.

sabato 30 ottobre 2010

Occhi che tubano.

Prendi un essere umano, mettigli il potere fra le mani, digli di fare ciò che vuole.
Agirà per se.

Non si era mai fidato degli uomini, non capiva perchè fossero stati creati. Quando si muoveva fra di loro si sentiva sporco, contagiato dal loro odore, dalle loro risate. Non riusciva a smettere di fissarli negli occhi quando piangevano, doveva vedere quanto orribile diventava il volto una volta che le lacrime iniziavano a sgorgare. Non si capacitava del loro bisogno di successo, di essere amati.
Ne uccideva qualcuno ogni tanto, giusto per abbassare la tensione. Lo faceva con calma, lo faceva per umiliarlo. Non riusciva a provare pietà durante le catastrofi, non riusciva a non sorridere davanti alle stragi.
Odiava il mondo e ciò che ci camminava sopra.
Odiava gli anziani in fila alla posta, i mendicanti fuori dai supermercati, le ragazze ben vestite nei negozi di moda. Odiava gli imprenditori e i loro Ipad, gli edicolanti e i loro freddi baracchini di giornali inutili che parlano solo di altri esseri umani inutili. Odiava la musica suonata, la parola recitata, l'emozione dipinta.
Odiava tutte quelle cose che un piccione di 78 chili non può capire.

Prendi un volatile, mettigli il potere fra le ali, digli di fare ciò che vuole.
Lo lascerà li per poter tornare subito a volare.

lunedì 27 settembre 2010

Anima Nera

Strati di gelatina per impressionare i capelli e renderli immuni alle intemperie e al vento, aggiungiamo anche al sudore che si genera ballando vigorosamente per nottate intere al ritmo di canzoni anni 50. Giradischi che gracchiano note di chitarre appena distorte mentre una serie infinita di piedi battono violentemente il suolo facendo sobbalzare la puntina e regalando attimi di pausa mentre il selezionatore di dischi, che non ha mai voluto fare quel lavoro, repentinamente corregge e pulisce da graffi impolverati la superficie vinilica delle loro danze.
Alla fine era un rifugio dagli occhi dei paesani che continuavano a puntarli, seguendo le loro azioni quasi attendendo un errore. Essere diversi in una società fatta di uguali voleva dire lampeggiare nella notte e rendere il colore della propria pelle, che nella notte trova la sua gemellanza, un segno di riconoscimento luccicante.
Luccicante come le fronti di tutti i ballerini che, per dimenticare l'odio, sudavano fino a svenire a terra distrutti, completamente disidratati, felici e liberi.
Liberi per modo di dire, terminato il buio il sole li riportava nel luogo in cui vivevano. Tornavano a servire famiglie ricche, a coltivare piantagioni di mais, a pulire stoviglie, ad essere maltrattati.

"L'ho trovata ieri nel giardino dietro casa dei Buick"
"Cavolo, ma era nascosta?"
"Si l'avevano appena sotterrata, ma con tutte le piogge della settimana scorsa è uscita fuori, era in una scatola di latta"
"Ah ecco perchè è così pulita! Posso tenerla in mano?"
"Non lo sò, sei grande abbastanza?"
"Si che lo sono! oramai ho 11 anni!"
"Ma si dai, tieni, tanto è scarica..."
"Cavolo ma è pesantissima! Ma hai provato a vedere se funziona?"
"Non ancora"
"E perchè no? potremmo andare ad allenarci dietro il vecchio capanno"
"Non voglio, non è il momento giusto"
"Dai andiamo a divertirci un pò solo io e te! Non lo diciamo a nessuno!"
"Ti ho detto di no! Numero 1 tu hai 11 anni e non dovresti giocare con certe cose, numero 2 nella scatola c'era solo un proiettile e non voglio usarlo per divertirmi e basta."

venerdì 10 settembre 2010

Non è stata una grande idea.

Fare l’aggiornamento dell’Iphone stanotte prima di andare a dormire.
Alle 03:47 era ben lungi dal concludersi e io non riuscivo ad addormentarmi con il pensiero che la mia unica sveglia potesse non funzionare.
Quindi sono rimasto con gli occhi sbarrati a fissare il riempimento di una barra blu, ripetendomi continuamente che il gioco valeva la candela.

Ora fisso questo argagno tecnologico con la nuova messa a punto che mi ha rubato del sonno prezioso e mi domando: a che cazzo serve aggiornarsi di continuo?

Non è corretto, la velocità con la quale diventiamo obsoleti non rispetta il corso naturale della vita di un uomo. Mi viene da pensare a come si poteva diventare obsoleti negli anni passati.

Uomo di Neanderthal 1: “Ma sei cretino? Mangi ancora la carne cruda? Ma non sai che hanno scoperto il fuoco adesso?”
Uomo di Neanderthal 2: “Sei tu che sei cretino, questo è sushi! Và un casino quest’anno!”

No, questo non era un grande esempio.

Però avete capito cosa voglio dire.

Il dubbio della formica.

“Quindi mi stai dicendo che il mio destino é l´essere infelice per sempre?”
“Nooo, per sempre é un lasso di tempo troppo lungo, direi piuttosto l´essere infelice fintanto che dovrai avere a che fare con te stesso…”
“Mmm. Quindi non ho via di scampo?”
“Puó essere, vedi, il tuo destino é comune a quello di molti altri esseri umani che hanno il tuo stesso problema, ovvero l´essere delle eccezioni che la natura non prende in considerazione.”
“Spiegati meglio.”
“Prendiamo un esempio di comunitá perfetta, dove tutti lavorano per un bene comune a prescindere dalla felicitá propria. Direi che il formicaio calza a pennello. Allora, in un formicaio tutte le formiche collaborano costantemente per riuscire a prosperare e vivere, con il minimo interesse verso la realizzazione propria. Molte vite si spengono per dare spazio a vite altrui che mai si incontreranno se non per millesimi di secondo in uno spazio dove tutto é regolato da un istintivo ordine trascendentale. Abbiamo le operaie, che lavorano per la societá creando case, canali, strade, procurandosi il cibo, producendo beni che probabilmente non sfrutteranno mai. Abbiamo le soldato, il cui scopo é difendere la comunitá dagli attacchi esterni e supervisionare il lavoro delle operaie e infine abbiamo quelle adibite alla riproduzione, ovvero le regine. Seguimi con attenzione ora: fra tutte queste categorie le uniche che copulano sono le regine perché femmine. Vedi, una grande divisione che ho trascurato per dare un pó di suspance é che prima ancora del loro scopo per la societá le formiche si dividono in due grandi categorie: le fertili e le sterili.”
“Non capisco dove vuoi arrivare, sembra che tu stia cercando di vendermi come soluzione il comunismo passando attraverso degli insetti.”
“Pazienta amico, pazienta. Quello che voglio dire é questo. Applichiamo ció che ho elencato fino ad adesso al genere umano. Semplificando notevolmente anche noi ci dividiamo in queste categorie: gli operai che producono, che comprendono gli impiegati, gli avvocati, i produttori cinematografici, gli scrittori, i panettieri, gli artisti, le ballerine, i calciatori, i giornalisti, i muratori, i geometri e chi piú ne ha piú ne metta, in pratica tutto il genere umano attivo. Abbiamo poi i soldati che difendono, divisone sottilissima se applicata all´uomo ma importante, essi sono come le operaie, lavorano anche loro per un bene ma, a differenza della passivitá operaia, combattono per un bene migliore per se stessi. Una specie solitaria che usa la propria abilitá per emergere dal lavoro operaio. Infine abbiamo le regine. Sarebbe restrittivo applicare il termine regina al solo mondo femminile. Per quanto possa sembrare calzante peró esclude la peculiaritá di questa categoria. Le regine sono presenti ovunque, esse non sono ne operaie, dunque utili, ne soldati, dunque ambiziosi, esse sono consapevoli. Consapevoli del proprio ruolo e della loro capacitá moltiplicativa. Ce ne sono poche nel mondo, ma comunque ce ne sono. Si nascondono spesso in massaie, in impiegati insospettabili, in leader carismatici, in pezzenti sgangherati. Ma ce ne sono migliaia, forse milioni. Ogni regina é consapevole di se ma esclude l´esistenza di altre simili a lei. Le troviamo negli atteggiamenti di chi si aspetta di essere servito ma anche di chi serve sapendo di stare facendo qualcosa per cui non é destinato. Mescolando un pó di psicologia spiccia possiamo dire che gli operai producono senza porsi domande, i soldati producono per non avere domande e le regine domandano per non produrre.”
“E io cosa centro in tutto questo? Ho un lavoro, só di essere bravo in quello che faccio e mi permetto di tentare anche altre strade nella speranza di ottenere un miglioramento.”
“Ecco, hai individuato il punto. Tu sei il fallimento di tutte queste categorie.”
“Fottiti!”
“No no no, non ti offendere, aspetta. Vedi, tu non sei un operaia perché fai quello che fai non per la societá e neanche per sopravvivere, lo fai per avere un appiglio, una rete di salvataggio. Non sei neanche un soldato perché lotti appena in altre direzioni, tentando timidamente di emergere dalla massa e non sei neppure una regina perché continui a porti domande sul tuo ruolo, escludendoti dunque la consapevolezza che ti serve per adagiarti sulla tranquillitá. Tu sei quello che io amo definire “il dubbio”. Sei come una figura geometrica di quei giochi per bambini che si usano all´asilo, quelli dove devi infilare le forme nel giusto foro, la stella nella stella, il cerchio nel cerchio, il quadrato nel quadrato. Tu sei una figura che volendo potrebbe entrare dove vuole ma che, a causa della sua forma incerta, si autoesclude dal gioco.”
“Ora mi stai dicendo che la mia infelicitá é autoindotta da una totale incapacitá di adeguamento e da una propensione all´autodistruzione tramite il dubbio?”
“È una definizione molto restrittiva ma puó pur sempre calzare.”
“Ok, peró non sono stato io a dire Il dubbio è scomodo ma solo gli imbecilli non ne hanno.”
“No, quello lo ha detto Voltaire. Vedi, Voltaire non era come sei tu, lui ha prodotto qualcosa. Per quanto razzista puó essere stato qualcosa di suo ci é arrivato. Tu al massimo aggiorni il tuo blog ogni tanto.”
“Ció non fa di me uno scrittore, ne sono ben consapevole. Ne mai ho pensato di esserlo.”
“Vedi che non agisci? Vedi che ti accontenti ma contemporaneamente sogni di non farlo? Vedi che non ti adegui ad un ruolo? Sei persino piú inutile di un ignavo.”
“La cosa incredibile é che, nonostante tutto, non riesco neanche ad offendermi oggi.”
“Questo é perché non sei fertile.”
“Scusa?”
“Non ho finito con le formiche. Abbiamo visto che non appartieni a nessuna delle categorie utili per la societá, che non sei uno che agisce, non sei uno che lotta e non sei neanche uno che si adagia. Tutte queste categorie sono peró controllate da un sistema a due soluzioni: il successo e il fallimento. La fertilitá e la sterilitá. Per non creare disordini nella societá le operaie dovranno rimanere sempre sterili, vivendo felici nel loro ruolo, ci saranno poi le soldato che non contente della loro sterilitá lotteranno per arrivare al successo e poi ci sono le regine, nate fertili e consapevoli. Tu hai lo strano dono, inquanto non categorizzabile, di poter scegliere se essere fertile o no. Il punto della questione peró é che tu non sceglierai mai, perché destinato al dubbio. Credo che se tu avessi una buona percentuale in meno di fantasia avresti piú contatto con la realtá e di conseguenza prendersti una decisione senza troppe domande. Da qui nasce la tua infelicitá e la condanna ad essere sempre in conflitto con te stesso.”
“Tutto ció non é facile da digerire, te ne rendi conto?”
“Non ti preoccupare, non mi aspetto tu capisca, se ti adeguassi al tuo destino spezzeresti la magia che ti circonda. Comunque ti ho giá detto di non spaventarti. Non sei solo.”
“Vuoi forse dirmi che anche tu sei un dubbioso come me? In tutto questo, tu dove ti posizioni?”
“Io? Io sono un cazzo di formichiere.”

mercoledì 18 agosto 2010

L´inutilitá dello sport e la sua salvezza.

Ragionando sulla diversificazione delle abilitá umane ci si rende conto che spesso, per far vincere un pó tutti, sono stati fatti nascere sport completamente inutili. Credo sia lampante il fatto che ci troviamo davanti a sotterfugi organizzati da sconfitti che, per provare il gusto di eccellere in qualcosa o di saggiare con la pelle la consistenza dell´oro, hanno inventato sempre piú diversificate e inutili categorie di competizione.

Mi riferisco a sport come:
- il curling e l´hockey
- le inutili categorie diverse fra le corse di moto
- la formula uno e tutti gli sport a motore
- le canoe a 2-4-8 o piú vogatori
- la pallavolo e la palla a mano
- i diversi metri di altezza nei tuffi
- le diverse distanze nelle corse e la presenza o meno di ostacoli nel percorso
- le diverse distanze e i diversi stili nel nuoto
- la divisione fra esibizioni di nuoto sincronizzato e di danza
- le varie modalitá con le quali si sparano a bersagli fissi o mobili
- i diversi tipi di salto in lungo
- i diviersi modi di saltare piú in alto
- i diversi modi di trattare la palla con i piedi o con le mani
- le impercettibili differenze fra baseball e softball
- le ibridazioni quali l´hockey sulla terra e lo skiroll
- la vela e tutte quelle gare che non partono mai a causa del vento
- la divisione fra sport maschili e sport femminili

Ecco, questo é solo un piccolo elenco degli sport inutili e delle inutili diversificazioni che hanno generato. Ma andiamo avanti, per me esiste una soluzione per ridare finalmente forza alla competizione. Si tratta di unificare e semplificare le cose, eliminare le barriere invisibili per dare vita ad un coinvolgimento agonistico senza precedenti.

Immaginate il vedere due squadre di persone che scendono sul ghiaccio indossando pattini, togliendo le divisioni fra tutti gli sport di squadra che si giocano in questo modo. Persone con mazze che pattinano veloci per contendersi il tiro di un dischetto di dimensioni maggiori con lo scopo ultimo di farlo passare attraverso ad una porta. Una volta che é entrato girano la mazza e utilizzano il retro, che per l´occasione é una scopa, per pulire la traiettoria del disco e portarlo a segnare un punto maggiore se esso centra il bersaglio.

Immaginate la maestositá di vedere unite tutte le diverse tipologie di motori e mezzi a due o piú ruote racchiuse in una sola gara, dove solo il piú veloce e il piú bravo vince. Moto e formula uno insieme, Valentino Rossi a cavallo di una Yamaha che insegue Alonso su una Ferrari, dietro a loro una serie di macchine da Paris Dakar e moto che vanno dal Chopper al Quad fino ai prototipi segreti. Dare vita ad una specie di "Mario Kart" per esseri umani.

Immaginate che ai canoisti venga posta la domanda: vuoi vincere? ecco allora scegli tu con quanti vogatori presentarti! Basta divisioni per numero, gli si da uno spazio e ognuno sceglie da se, se la squadra di 4 funziona meglio di quella da 8 sono cazzi della squadra da 8. L´importante é vincere, non conta con quanti uomini ti presenti. Certo, potranno presentarsi squadre con 40 elementi, ma li sono cazzi loro il sincronizzarsi e soprattutto il costruirsi il mezzo.

Immaginate la pallavolo e la pallamano unite, magari con qualche spruzzata di basket e un aggiunta finale di rugby. Un giocatore prende la palla e la lancia in alto, arriva il compagno che la schiaccia su di un avversario colpendolo, ecco che l´avversario adesso é costretto a palleggiare finché non sará salvato da un compagno di squadra che gli dará di nuovo il permesso di alzare la palla. Ma in modalitá palleggio puó districarsi fra tutti i giocatori e correre nel campo opposto, passando sotto la rete, cercando di fare canestro con un tiro ma naturalmente ecco che puó essere bloccato con un placcaggio da un altro giocatore che si é fatto colpire anche lui, perde la palla ed é eliminato. Qui abbiamo un doppio miglioramento unendo a sport dove il contatto fisico é vietato la fisicitá del rugby, aumenterebbe la spettacolaritá e nessuno romperebbe piú il cazzo all´arbitro.

Immaginate la semplificazione dei tuffi, basta divisioni per altezze, per numero di tuffatori, per difficoltá di esecuzione. Due sole grandi categorie: il tuffo articolato, ovvero piú figo lo fai meglio é, e il tuffo a bomba. Cosí ci si diverte alla grande. O vai a vedere dei superatleti fare delle evoluzioni da paura o vai a vedere dei superciccioni originare dei maremoti e piccoli tsunami su di un pubblico partecipe.

Immaginate la nuova vita delle corse: si prendono tutti i corridori e li si dispongono su una fila, in un circuito adibito a questo genere di attivitá. Gli si mette davanti un ghepardo ammaestrato con un fiocco legato alla coda. Al via viene liberato il ghepardo, che corre dietro ad un qualcosa che gli da la voglia di correre al massimo della velocitá. Lo scopo dei corridori é dunque il prendere quel fiocco, ma ecco che la natura selezionerá il vincitore: sará un velocista che, nei primi 100 o 200 metri grazie ad uno scatto felino, la scamperá afferrando il fiocco o sará un paziente maratoneta che aspetterá che la bestia sia esausta, magari dopo chilometri e chilometri, per toglierle con calma l´oggetto della contesa?

Immaginate un nuoto dove ognuno fa un pó quel che cazzo gli pare, un nuoto dove con "stile libero" si dia la possibilitá di essere liberi veramente. Rana, delfino, dorso, farfalla, tutti nomi per inscatolare un semplice movimento di arti. Spazziamoli via tutti. Mettiamo in una piscina bella lunga un tot di nuotatori e facciamogli inseguire qualcosa di analogo ai corridori su terra. Un delfino credo che possa andare bene dai. Poi vediamo chi si stanca prima.

Immaginate coerografie di danza fatte sia in acqua che in palestra, con alternarsi di colpi di scena dentro e fuori, costume e nastro, una specie di circo di abilitá dedito solo al sollazzo del pubblico.

Immaginate che tutte le divisioni fra sport in cui si spara o si tirano frecce vengano uniti. Un solo unico bersaglio che dopo le prime 5 volte che lo hai colpito inizia a muoversi fino a staccarsi da terra ed iniziare a volteggiare, sta al tiratore poi cambiare arma e passare a quella piú consona per svolgere il compito.

Immaginate che si unisca finalmente il salto in alto con il salto in lungo per dare in vita al "salto in lá". Non si calcolerá piú la distanza sull´asse x o sull´asse y bensi sulla diagonale fra le due. Quindi bisognerá scegliere con intelligenza come svolgere questo sport dalle novitá geometriche, meglio saltare con un asta e poi lanciarsi verso una lunghezza maggiore o meglio puntare magari ad un autolanciarsi attaccati ad un peso dopo una rotazione che punta ad un icarontica salita?

Immaginate che questa assurda divisione fra calcio e football venga finalmente soppressa. Partendo dal presupposto che vogliono dire la stessa cosa ma in lingue diverse e che questa diversitá sia solo uno scontro politico fra nazioni antagoniste ecco che ci si presenta l´occasione per dare una lezione a quei fighetti del calcio. Una volta uniti direi di dare in pasto ai giocatori di football le fragili gambine dei calciatori nostrani, giusto per insegnargli cos´é uno scontro fisico, cos´é un fallo. Il gioco resterebbe piú o meno invariato, undici contro undici, palla che si deve toccare con i piedi se si vuole segnare e con le mani se si vuole avanzare, dinamiche quindi quasi invariate salvo per i 4 portieri che ogni squadra ha. Perché 4 portieri? Perché le porte restano a 4,5 metri da terra. Quindi queste colonne umane devono adoperarsi in bulgare prove di equilibrio per evitare di subire un gol. Naturalmente durante il gioco ogni entrata é lecita secondo il regolamento del football, sono lecite anche protezioni di vario tipo ed é lecito organizzare strategie di vittoria che comprendano il pestaggio o la menomazione degli avversari. Tutto questo perché credo che legalizzando la violenza i calciatori inizierebbero a considerarsi un pó piú umani e perderebbero quella spocchia che li contraddistingue.

Immaginate il ping pong e il tennis insieme, una racchetta che é una via di mezzo, un tavolo piú basso e molto piú grande sul quale puoi salire, una pallina simile ma piú adatta a questo utilizzo.

Naturalmente tutte gli sport nati per semplificare avrebbero il diritto di far estinguere gli sport che gli hanno dato vita, che sarebbero dunque banditi causa mancanza di senso.


Vedete, si possono trovare miliardi di soluzioni per risolvere i problemi dello sport. Con meno categorie ci sarebbero meno canali sulle tv private, quindi la gente dovrebbe spendere di meno per vedere queste spettacolari unioni. Gli stadi sarebbero punti di raccolta dove ogni volta ci si incontra con persone inizialmente di fede diversa ma che alla fine si ritrova nella passione per la competizione.
Quando tutto é piú semplice solo gli sportivi piú puri riescono a vincere.

mercoledì 28 luglio 2010

Dell´evoluzione e di altri processi inutili.

Ma é mai possibile che il genere umano, capace di inventare cose stupende, cure istantanee e oramai prive di dolore, libero di immaginare per poi creare tecnologie avveniristiche, di innovare il quotidiano vivere con accessori semplificanti, di sviluppare pensieri e poesie sublimi, di riempirsi l´appetito con cibi sollazzanti e vini inebrianti, unico nel trovare lo splendore nel bene della natura e primo nel capire i propri limiti nella perdita della ragione, ecco, dopo tutto questo, é possibile che non sia stato ancora capace di trovare una soluzione non violenta per far comprendere al maschio adulto l´orrificenza di indossare un marsupio?

martedì 20 luglio 2010

L´importanza di chiamarsi prosciutto.

Il bello di avere un cognome indefinibile come “Jamunno” é che hai la possibilitá di non capirlo.
Non é uno di quei cognomi italiani tipo “Rossi” o “De Carli” o “Ferrara” o quant´altro esiste di riconducibile a oggetti, colori, casati, professioni o zone geografiche. Hai qualcosa di tuo e particolare, con quel tocco esotico dato da una lettera non presente nell´alfabeto nazionale.
Allora uno si esalta anche un pó, questa diversitá duplice, data anche la non provenienza dal luogo montano adibito a vita quotidiana, diventa un arma di spicco per evitare le classificazioni comuni.
Salvo poi scoprire a malincuore che la cosa maggiormente riconducibile a questo cognome cosí pittoresco é la parola spagnola per definire “Prosciutto”.
E allora quell´uno se ne va anche un pó a fanculo.
Poteva essere di tutto, ma “Jamon/Prosciutto”, rende la questione abbastanza triste.

venerdì 9 luglio 2010

I Santo Marcio

Vecchio Testamento

I quei tempi, narra la plebaglia, che Nik Lauria prese il pane e lo spezzò, poi prese il vino e lo spezzò, poi si rese conto che il vino era stantio e allora imbracciò una chitarra, che aveva solo 16 corde. Tutte accordate in LAminore.

Allora, dato che era cosa buona e giusta, decise di eliminare il superfluo, e si tolse i capezzoli.
Da quei tre capezzoli (ricordiamo che Nik Lauria era noto per avere il seno di una scrofa della piana di Israele) nacquero tre elementi minori, riconducibili forse a organismi unicellulari.
Ma siccome in loro vi era vita e ogni vita va salvata (no aborto), Nik Lauria gli diede il dono della parola.

Per molti anni Nik Lauria fece del gran denaro portando in giro quei tre capezzoli parlanti ma un giorno si rese conto che dio era contrariato, infatti punì la stirpe dei Lauria confinandoli in quel di Laives (prov BZ).
Numerosi pianti accorsero di li a breve, ma la speranza è l'ultima a morire (no eutanasia) e quindi, ispirato dal successo dei Jackson 5, decise di fondare un omonimo gruppo chiamato Lauria 64.
Quando si rese conto che organizzare i suoi 64 figli era un impresa anziché ardua, li sacrificò tutti in cambio di alcuni strumenti musicali di scarsa qualità (no al made in china).
Ricondusse a se allora i sui vecchi capezzoli parlanti che, nel frattempo, erano diventati grandi ( e uno anche un dj anni 80 di scarsa fama (no pirateria)).
Dato che oramai non aveva più prole decise di riporre in loro le sue gaie speranze e gli donò braccia e gambe e, ad alcuni, anche capelli e peni.



Nuovo Testamento

Accorsero in molti per sentire le dolci note di canzoni nate per rendere grazia e giustizia a chi vi si voleva concedere. Ispirati dal sacro, le melodie per redimere il popolo della terra del signore fluirono facilmente dalle corde di questi 4 musicisti.
Dopo numerose trattative, riuscirono a far eliminare i diretti concorrenti noti ai molti con il nome di Beatles.

Ma Lauria sentiva di dover aumentare la portata di cotanto splendore e donò al capezzolo Baraldi la capacità di tenere in mano ben due bacchette di batteria.
Ma non si fanno doni alla cazzo, allora gli tolse 2 testicoli. Così, il povero eunuco, rimase sterile e tendente alla copulazione con specie dello stesso sesso.
Ciò generò ilarità nel pubblico che accorse per comprare i cd dei SANTO MARCIO, che non esistevano ancora ed erano incisi su stele.

SANTO MARCIO: Questo il nome della band che più di ogni altra ha influenzato Gerusalemme nella scelta delle piastrelle per il bagno.

Sodoma e Gomorra erano le prime due tappe del tour di esordio e già da li si capì che portata distruttiva aveva il gruppo. Di fatti al giorno d'oggi nessuno rimembra il loco dove suonarono. Ma se ne parla ancora. Specialmente nei bagni di Gerusalemme.

Fu poi una notte che Lauria parlò e disse: "E' facile esser frocio con il culo degli altri, tu prova ad esser frocio con quello di Baraldi."
Parole che i proseliti utilizzarono come stimolante di li a breve e tutti, Mattia anni 80 in primis, provarono ad esser froci con il culo di Baraldi.
Nessuno vinse.
Ma da allora Baraldi dorme notti insonni.

Lo strumento era la Musica, la via era la religione, il perché era l'amore, il quando era la Domenica, il dove era ovunque e il come mai era il ma chi sarai.

Nessuno notò che il cantante altri non era che un pupazzo, montato abilmente sull'avambraccio di Lauria, e che cantava grazie al cazzo. Uno strano caso di pene canterino ma che tutti ignoravano dato la magnificenza del pelo grezzo del Lauria.

I 4 ebbero un discreto successo e ancora oggi allietano Beatlemme con canzonette a tema: suoneria di Cellulare 8bit (vecchio Nokia3310).



Ora, che i tempi sono formati, e che il Lauria più un giovine spavaldo fiero non è, si decise a dare una possibilità alla scena musicale ospitante. Presi i capezzoli musicali e composti numerosi brani la strada era pronta per una diffusione globale del verbo dei Santo Marcio.

Il verbo dei Santo Marcio è: dare.

In un tempo in cui la confusione religiosa regna, le star di Hollywood fondano delle chiese in onore di Tom Cruise, la santa sede in Vaticano passa il tempo a infangare atti incestuosi o pederasti, il governo crede solo nel pelo di femmina: ecco che arrivano i 4 cavalieri dell'apocalisse capitanati dal prode Nik.
Un uomo formato da anni di vita a Laives e dalla creazione di un catamarano nella propria vasca da bagno.

Quindi, al basso e cori il supremo Lauria.
Alla batteria, con due mani e senza testicoli, l'uomo venuto dallo sterco Baraldi.
Alla chitarra prima e Voce poi, il diversamente amabile Matt dj anni 80, con tutti i suoi capelli e la sua colorazione tendente al demonio.
Nel ruolo del fantoccio che ripete il verbo sacro invece abbiamo il gustosello Yomo, uomo capace di conquistare svariate specie di capre solo con l'uso di un pollice.


Ma mai parole furono più sagge:
I Santo Marcio non sono Froci.


Nazareth, 22 d.c.


Ci proponiamo a voi con tutta la nostra bellezza, abbiate il coraggio di ammettere i vostri peccati. Ve li rottamiamo fino al 31 agosto senza spese aggiuntive.

In Fede
Nik Lauria

domenica 30 maggio 2010

Il calore delle cose.

L'altro giorno stavo lavorando, entra nel bookshop una famiglia composta da padre e due figlie, una avrà avuto più o meno 8 anni e l'altra direi 5.
Non sono sicuro che la loro età vera corrisponda con quello che ho scritto, sono veramente scarso a definire l'età dei bambini. Non perchè non riesca a cogliere le differenze, sò distinguere uno piccolo da uno medio fino ad uno piuttosto piccolissimo e un altro decisamente grande e ciccio. Non riesco a dire quanti anni hanno, il che è assurdo dato che gli anni a disposizione sono una manciata, quanti potranno essere? Tipo 13? Ho 13 possibilità fra le quali scegliere e quasi sempre scelgo quella sbagliata. In genere me la cavo con un semplice: "era alto così!" accompagnado a questa frase un gesto che definisce un altezza e di conseguenza, a meno che non si tratti di un assurdo caso di nanismo, arriva in mio aiuto una persona più competente in questo campo che sopperisce la mia ignoranza con una definizione numerica.
Divago come mio solito.
Entra questa famiglia, le bambine vestite di rosa e il padre con quei tipici sandali da turista germanico, entrano e iniziano a guardare la mia mercanzia. Il padre si sofferma sui libri, sulle guide turistiche con tema Alto Adige in particolare, la più grande delle due osserva con calma le cartoline mentre la piccola si innamora all'istante delle gomme da cancellare a forma di infradito.
Si, vendo una marea di cazzate nel bookshop, fra le tante ci sono gomme da cancellare con forme atipiche: arachide, dado, dolcetti, sushi e infradito o, per meglio dire, "Flip Flop".
La piccola le prende e le porta dal papà che, con tono autoritario ma delicato, le dice di usare i suoi soldi. Ecco allora che la piccola si mette delicatamente a sedere sopra la panca/balla di fieno e dallo zainetto sulla schiena estrae un minuscolo portamonete.
Inizia a contare con attenzione i centesimi, ne bastano pochi ma è un processo formativo da eseguire con cura e minuzia. Inizia estranendo le più piccole e ramate e le appoggia nel palmo della mano sinistra, continua con quelle dorate finchè, dopo un attento controllo, calcola l'esatto importo da darmi. Stringe il pugno e ripone tutto nuovamente con cura all'interno dello zainetto.
Poi si sofferma a pensare, non posso sapere a cosa, si dirige verso il padre e la sorella con il pugno serrato, come se si stesse preparando a separarsi dalle monetine con sofferenza, un anticipo di nostalgia che necessita di aiuto familiare.
Trova il coraggio e mi si avvicina, mi fa vedere le gomme e mi porge la mano chiusa, apre lentamente il palmo e fa cadere le monete nella mia mano.
E' quello il momento che mi ha fatto pensare ad una cosa a cui non presto mai attenzione: i suoi soldi erano caldi. Avevano la sua temperatura corporea, avevano un calore umano. Lei non stava pagando qualcosa, lei mi stava dando qualcosa di suo in cambio di qualcosa di mio. Quei soldi erano i suoi soldi, risparmiati chissà in che modo, conservati da chissà quanto tempo. Quelle monete erano il suo tesoro, qualcosa che ha tenuto stretta a se fino alla fine, fino a che non ha trovato qualcosa che valesse la pena scambiare.
Erano parte di lei.
Ogni giorno mi passano fra le mani manciate di denaro provenienti dai portafogli delle più svariate persone che la città offre ma questa era la prima volta che sentivo il contatto con qualcuno.
In genere acquistiamo tutto freddamente, forse in preda ad un attacco compulsivo, forse di fretta, spesso malvolentieri. Acquistiamo un sacco ma non diamo un peso a quello che facciamo. Non trasmettiamo una parte di noi, non comunichiamo a chi incassa che quella cosa che stiamo per comprare è una cosa che vogliamo veramente, qualcosa con un valore intrinseco.
Qualcosa che faccia sentire importante il cassiere, che gli faccia capire che quel lavoro del cazzo che fa può rendere felice delle persone.
Ho tenuto le monetine in mano per pochi secondi ma in quell'istante mi sono sentito di nuovo bambino anche io, ho provato di nuovo la sensazione del desiderare veramente qualcosa, tornare indietro. Tornare a quando andavo a comprare il gelato con una manciata di lire e quelle lire erano colme della sacralità del mio gesto, donate per ricevere qualcosa di sublime, fresco, un sinonimo di indipendenza.
Mi è dispiaciuto riporle nella cassa insieme a tutte le altre monete, a loro simili ma totalmente prive di un valore sentimentale. Quelle monete sono state nobilitate, non avevano più solo il loro ruolo, erano un dialogo fra i piccoli desideri che ognuno conserva in se.

Cosa si può dedurre da questa mia riflessione?
Di sicuro che dobbiamo tornare a dare un valore alle cose ma, ancora più sicuro, che a lavoro mi passa talmente poco che perdo tempo a fantasticare sulla temperatura del denaro.
Che cazzo.

Porca puttana.

Non è giusto porco cazzo, quest’anno non faranno “Rai dire Gol”, ovvero l’unico motivo per guardare i mondiali ogni 4 anni. Questo vuol dire che mi toccherà vederli con una stupida radiocronaca seria fatta da esperti che mi descrivono esattamente cosa sta succedendo sul campo, una cosa totalmente inutile dato che, essendo anche io dotato di occhi, posso vedere e comprendere da solo se la palla va dentro e fuori.
Era per questo motivo che aveva un senso la radiocronaca della Gialappas, dicevano cazzate e ti tenevano compagnia facendoti sopportare anche le partite più inutili del tabellone. Dicevano cazzate e facevano ridere, una cosa che in radio non si sente più da anni, più o meno da quando lo Zoo di 105 ha capito che è più facile bestemmiare per generare risate piuttosto che essere divertenti veramente.

Quindi, siccome i mondiali ci sono una volta ogni 4 anni e mi sta sul cazzo perdermeli perchè alla fine è l’unico momento in cui il calcio ha senso, ho deciso di fare io una trasmissione radiofonica sostituiva della trasmissione dei Gialappi.
Io, il fidato Frabbio Sfozza e chiunque altro abbia voglia di sparare cazzate davanti ad uno schermo e microfono. Non ci resta che occupare Radio Tandem e dare vita a questo progetto senza senso.

Ecco una lista di titoli possibili:
- Tutte le mie palle
- Immondiali di calcio
- Mondiali di sto calcio
- Palle a terra
e chi più ne ha più ne metta.

mercoledì 26 maggio 2010

Uomini che odiano le donnole

Non odio le donne, sia chiaro, le rispetto. Rispetto tutto quello che accompagna il periodo premestruale, rispetto il periodo mestruale e i dolori lancinanti nel pieno della notte, rispetto pure il periodo di assestamento post-mestruazioni che si puó dilungare anche fino all´arrivo di quelle del mese dopo.
Rispetto le gravidanze, i reggiseni di varie misure, le mutande modellanti per avere un culo brasiliano, rispetto tutte le varie tipologie di ceretta e silkepil. Rispetto quelle che si ossigenano i baffi, rispetto quelle che mettono i cerotti sui piedi per riuscire ad indossare quel paio di scarpe con il tacco che hanno comprato il giorno stesso, che indosseranno un paio di volte e che poi butteranno nel dimenticatoio nel momento in cui il piede le avrá modellate a dovere per non essere piú causa di dolore e bolle.
Rispetto la competizione fra donne, fra donne e uomini, fra donne e mamme, fra donne e adolescenti. Rispetto le donne di una certa etá che sfoggiano come se nulla fosse il tatuaggio tribale sopra il culo, sicuramente fatto in un epoca in cui se lo potevano permettere e in cui i tatuatori usavano aghi spessi come tappi di champagne per rovinare la pelle altrui.
Rispetto i parrucchieri che le mettono in pace con se stesse, rispetto le quote rose, la maternitá, il fatto che i miei capi siano tutti donne, rispetto le modelle piú belle e anche quelle piú brutte. Rispetto il sesto senso femminile, rispetto le diete dimagranti, rispetto i trucchi e il phard, rispetto le discoteche dove le donne entrano gratis, rispetto persino l´8 marzo anche se mi sembra assurdo che ci sia ancora bisogno di una festa per commemorare la donna e il suo essere donna.
Rispetto le donne che hanno intrapreso la dura strada della comicitá, rispetto che solo se sei donna riesci a ridere ad una battuta fatta da un altra donna. Rispetto Luciana Litizzetto che, anche se utilizzando la stessa tecnica da 20 anni, riesce a far ridere un nutrito gruppo di fedeli della domenica.
Rispetto i film per donne, i parcheggi per donne piú vicini all´uscita e piú larghi rispetto a quelli normali. Rispetto i finti mal di testa, rispetto le ninfomani e le lesbiche, rispetto i cani da compagnia minuscoli che alcune donne si infilano nelle borsette.
Rispetto le donne fanatiche di sport, le donne culturiste, le donne che reggono gli ombrellini al gran premio, le donne rifatte, le donne che scrivono libri non d´amore. Rispetto le donne con la cellulite e quelle con disturbi alimentari.
Rispetto le madri e le nonne e rispetto anche le zie e le cugine, rispetto le donne che in estate si vestono pochissimo e rispetto quelle che indossano pantaloni bianchi mentre sotto indossano un tanga nero.
Rispetto le donne nate uomo e che passano una vita cercando di avere il corpo che si meritano, rispetto gli assorbenti interni e quelli esterni con confezioni divertenti. Rispetto le pubblicitá fatte per le donne, rispetto le adolescenti che parlano come donne vissute, rispetto le donne vissute che parlano come adolescenti. Rispetto le donne che vestono di rosa e quello che vestono solo di nero perché snellisce.
Insomma, le rispetto come rispetto qualunque altra cosa che non capisco del mondo, quindi che non mi si venga a dire che sono maschilista.

venerdì 21 maggio 2010

Distruggere una cittá.

Sicuramente le dinamiche di una societá che getta le proprie basi su una tradizione contadina di bevitori di birra sono fortemente condizionate dalla morfologia del territorio. La totale assenza della percezione di un orizzonte porta l´uomo a vedere meno distante, un certo senso di miopia intellettiva che pregiudica fortemente il senso di soddisfazione che si puó trarre da un guadagno maggiore alla media.
Bisogna aggiungere che, come per un esperimento crudele, é stata introdotta in un territorio ostile una specie animale esterna che presenta caratteristiche fisiche e mentali totalmente opposte e che si trova a dover dare vita ad una convivenza forzata per una sopravvivenza urlata.
Si creano dunque mescolanze che superano questa divisione facendo evolvere la specie, ma al tempo stesso si scavano ancor piú profondamente solchi che diventano irrecuperabili se non tramite la scissione del territorio o una divisine per appezzamenti stile FarWest.
Il benessere, la qualitá della vita che piú di ogni altra cosa bisogna difendere, intralcia la personale evoluzione del carattere uniformando il volere di pochi come volere di molti alla ricerca di sottomissione altrui.
Un contenitore di modeste dimensioni, riempito fino all´orlo di girini che viscidi fra loro sgusciano come saette in situazioni che non gli appartengono, un continuo riflusso di visi noti che notano altri visi e discutono di altri visi che presumono aver notato.
Tutto questo porta a creare un unanime senso di appartenenza ad una causa mai dichiarata, una crociata verso qualcosa che non si conosce, un ipotetica meta di conquista perentoria e del tutto fuori controllo.
Cosa induce un corpo estraneo a subentrare autonomamente in un settore che gli é sconosciuto?
Cosa porta un essere umano a dichiarare conoscenze supposte in merito a fatti non accertati?
Viviamo veramente in un epoca dove l´informazione incontrollata rende tutto enormemente confuso oppure ci sono troppi uomini che credono che aprendo la bocca e creando un movimento diventeranno anche essi parte di un flusso che a loro volta li fará salire nella scala sociale?
Non mi é chiaro, il succo del discorso sembra essere "mors tua vita mea", alcuni tratti di "chi la fa l´aspetti" per poi finire in un piú ampio "ma farsi una vagonata di cazzi propri?".
Fatto sta che essere messo in mezzo a queste cose che ho sempre visto come deplorevoli mi fa male, necessita un indagine accurata per capire chi sono le fonti e accertare i fatti.
In un momento storico dove il bavaglio alla stampa sembra pregiudicare il futuro di una democrazia mi rendo conto che forse l´unica soluzione é lasciare che parlino, finché le loro bocche non si saranno seccate.

giovedì 20 maggio 2010

A facc´ro cazz

http://www.youtube.com/watch?v=W4swy-11ntI


Calcio dietro la schiena, vicino al costato sinistro, quello giá fortemente martoriato negli ultimi mesi. La solita sveglia, le solite grida, la solita rabbia e, da parte di Carmine, la solita indifferenza.
Sul tavolo della cucina é ancora appoggiata la pagella, cosí tanti zero e uno da sembrare scritta in codice binario, trasuda delusione e richiama vendetta.
Carmine quest´anno sta facendo proprio schifo a scuola, quando ci va sono voti tendenti al ribasso, quando non ci vá sono botte assicurate a casa.
Lacrime, sua madre piange, serve una fredda colazione, il minimo indispensabile per riuscire a dargli la forza per correre dietro ad un autobus che sicuramente ha giá in programma di perdere. Sputi per terra, il rione fa schifo, Carmine si sente da schifo, si accende una sigaretta, oramai fuma da qualche mese, piú o meno da quando la montagna di immondizia sulla rotonda vicino casa era una collinetta alta appena qualche metro. Sputa nuovamente per terra, saliva bianca vinavyl che ricopre un marciapiede costellato dagli escrementi di cane e dalle siringhe.
Immondizia e ancora immondizia, poco piú avanti i suoi amici della gang, un piccolo ma fornito gruppo di delinquenti che, nelle giornate rubate all´istruzione, ama andare a compiere piccoli furti.
Microcriminalitá la chiamano, e forse, date le dimensioni delle mani del piú abile di tutti nel rubare portafogli, il termine é azzeccato. Sono tutti minorenni, alcuni talmente minori da ricordarsi la propria etá quando era ancora ad una singola cifra.
Sputano per terra, sputano praticamente sempre.
Non cé cosa che li accomuna di piú dello sputare ovunque.
Quello e la passione per il calcio, in particolare Carmine che, pur non avendo il fisico adatto, se la cava molto bene con i tiri piazzati.
Suona la campanella.
Sputare sempre, prendere a calci un cane randagio e la sua cucciolata, correre dietro ad una coppia di anziani, sputargli addosso la rabbia di una generazione cresciuta fra internet e miseria.
Carmine ha un motorino, ora la gang ha un motorino. Hanno rubato i pezzi e lo hanno composto tutti quanti insieme, lo hanno truccato a dovere e gli hanno attaccato gli adesivi piú offensivi che hanno trovato in giro. E`orribile ma é anche davvero veloce. L´ideale per scappare via dopo aver dato fuoco ad una macchina.
Odore di immondizia bruciata, di copertoni divelti, di pannolini in decomposizione.
A casa lo aspetta suo padre, disoccupato da sempre, lo aspetta per riempirlo di botte. Lo aspetta anche sua madre, in lacrime dal primo ricordo che lui ha di lei, e lo aspettano i suoi altri 3 fratelli, affamati da quando sono nati. Carmine ha deciso di mollare la scuola e di dedicarsi a tempo pieno al crimine.
Oramai é grande abbastanza per maneggiare una pistola di piccolo calibro e uno dei ragazzi della gang gli ha giá presentato un parente giusto, uno che é dentro da tanto e che puó aiutarlo nell´iniziare a muovere i primi passi.
Suona l´ultima campanella, Carmine scende dal motorino ed entra nell´edificio scolastico. Fuori c´é un insolito movimento, piú ragazzi del solito stanno facendo rumore, quelli piú grandi di lui sembrano arrabbiati con qualcosa.
Sputa per terra davanti al bidello.
Dietro si fanno insistenti le urla della rivolta.
Se la stanno prendendo con qualche donna, Gelminchia, Gelatini, Gelini. Non si capisce un cazzo e Carmine non ha idea di chi sia questa presunta troia a furor di popolo. Lui é solamente entrato in classe per fare il primo passo verso la criminalitá organizzata: prendere a pugni il professore di italiano.
Un segno di sfregio, di rottura con l´etá adolescenziale.
È anche tardi rispetto all´etá comune per compiere questo passo. Alcuni lo fanno giá alle medie, lui ha aspettato la prima superiore. Conosce giá chi gli sta sul cazzo e tutti a scuola lo conoscono e lo evitano. È l´unico della gang a frequentare ancora un ambiente fornito di libri.
Iniziano a passargli davanti striscioni, sente slogan carichi di rabbia, si sente gasato, nell´aria é palpabile una tensione collettiva che lo galvanizza e gli da la forza necessaria per perdere qualunque tipo di freno inibitorio e cedere all´istinto di sopravvivenza.
Vede il suo nemico designato, lo rincorre evitando frotte di compagni vestiti da manifestazione, corre verso di lui, chiude il pungo destro, gli urla qualche insulto per costringerlo a girarsi, gli devasta il volto e gli occhiali con un diretto sul naso. Si rompe la mano per l´impatto ma il professore cade a terra coperto da una maschera di sangue.
L´accaduto passa del tutto inosservato nel marasma generale, un piccolo gesto che si perde fra le urla dei tumulti, i banchi rovesciati, le corse verso l´esterno. I megafoni iniziano a raccogliere la folla, Carmine si getta in un flusso con la mano divelta, in pochi secondi é fuori e confuso fra altri ragazzi che, come lui, sono carichi di adrenalina.
Inizia a ridere, é felice, ha chiuso con la sua breve vita passata ed é pronto a gettarsi in un nuovo mondo di soddisfazioni, violenza, soldi facili e morte onnipresente.
Una troupé televisiva appena giunta sul posto lo nota fra mille.
"Sei contento di questo sciopero?"
"A facc´ro cazz!"



Questa storia é di pura fantasia, niente di quello scritto corrisponde con la vita reale delle persone presenti nel video. I nomi, i luoghi, i fatti, insomma tutto é puramente inventato.

mercoledì 19 maggio 2010

Voglio lanciare una nuova moda.

Mi é venuta un idea e voglio condividerla con voi. Allora, viviamo in un epoca segnata da un costante flusso di informazioni e notizie del tutto futili. Se passiamo anche pochi minuti davanti ad un computer abbiamo una altissima percentuale di probabilitá di imbatterci in foto divertenti, video strani, frasi accattivanti.
Se nuotiamo con consapevolezza nel mare di youtube possiamo vedere ogni genere di cosa, porzioni di tempo che ci donano risate, momenti di riflessioni, attimi musicali. Peró adesso, per essere sinceri, quante volte andiamo alla ricerca di cazzate allo stato puro?
Io da sempre.
Oramai i video che youtube mi consiglia sono l´esemplificazione dell´idiozia del genere umano.
Credo di aver visto talmente tante stronzate in questi 5 anni di youtube da poter riempire una petroliera. Peró ho detto "credo". Perché con esattezza non ricordo la valanga di troiate viste.
Ogni tanto mi viene in mente uno spezzone, una frase, una caduta, ma niente di specifico.
Il flusso costante di novitá ci porta a perdere quelle cose che forse in un altra era sarebbero rimaste fisse nella nostra memoria.
Se avessi visto mia zia cadere da un palco mentre era intenta a schiacciare dell´uva sicuramente me lo ricorderei ancora vivamente. Invece si tratta di subentrare in una memoria collettiva troppo vasta, in cui siamo ospiti e visitatori. Possiamo apportare il nostro contributo alla causa ma quanti possono arrivare alle visualizzazione del video del criceto che mangia un broccolo?
Dove voglio arrivare.
Mi piacerebbe molto prendere e partire da uno di questi migliaia di video, una di queste meteore che ci hanno fatto sbellicare almeno una volta, selezionarlo con cura o anche casualmente e poi da li concepirgli una storia dietro.
Qualcosa che spieghi come si sia arrivati a questi pochi secondi di perfezione, che sveli i retroscena della caduta, i mesi in ospedale, le punizioni ricevute dai genitori per aver imbrattato la cucina.
Insomma, prendere un video inutile e dargli una vita superiore, una trama, dei personaggi.
Farlo diventare nostro.
Sembra complicato ma non lo é se siamo forniti di una certa fantasia.
Mi permetto di cominciare io, con questo video:
http://www.youtube.com/watch?v=W4swy-11ntI

Appena pronta pubblicheró la storia e forse il concetto sará piú chiaro!

martedì 18 maggio 2010

La storia di Matteo

Seconda parte



"Fanculo vecchia grassona di merda, fanculo a te e alla tua amica di merda, fanculo fanculo e fanculo!"
Disse fra se e se Matteo mentre usciva frettolosamente dal bar e mentre cercava di tirare su i pantaloni dopo l'atto sessuale di penitenza appena compiuto. "Cazzo questa è l'ultima volta che mi fido delle istruzioni per costruire una bomba trovate su google. Puttana ero sicuro di aver fatto tutto giusto."
Aggiunse mentre la cosa più semplice del mondo adesso sembrava impossibile da compiersi.
Con cosa più semplice Matteo intendeva il riporre di nuovo all'interno delle mutande il suo stanco pipino arrossato dall'usura.
Mentre si recava verso casa le bestemmie e le parolacce fuoriuscivano importanti dalle sue labbra, una parata di blasfemie mai pronunciate da essere umano fino ad ora. Si calcola che il numero di bestemmie pronunciato da Matteo in quei dieci minuti diede vita ad una così grande carica di odio che 10 angeli svennero traumatizzati, 32 donne ebbero un aborto spontaneo e 160 preti corsero in canonica a masturbarsi pensando a Madre Teresa di Calcutta che cura i moncherini di Cicciolina ipotetica lebbrosa.
Per evitare di generare nuovamente il dramma di quella giornata evitiamo di riportare in questa storia il contenuto di quei dieci minuti di monologo.

La sera giungeva ormai languida nella piccola città grande un cazzo dove vive il nostro eroe, la città si andava via via svuotando e le case riempiendo, i camini si accendevano insieme alle luci e alle migliaia di televisioni. Tutte sintonizzate su Italia uno, perchè guardare un Tg normale è una cosa, ma guardare Studio Aperto è un altra. Perchè su un Tg normale vengo mostrate delle notizie, su Studio Aperto vengono mostrate tette, un infinità di tette, culi e passere talvolta. Un Tg coi fiocchi insomma. Poi dopo il Tg tutti a guardare RTV, perchè non puoi farti un abbuffata di tette come si deve senza guardare le tettone di quelle negra che presenta seminuda video amatoriali di incidenti.
"Dev'essere il lavoro più degradante del mondo fare il regista di questo programma" mormorava a voce alta Mike mentre annotava sul suo taccuino le inquadrature scelte per la puntata odierna, eccone un estratto: sigla, faccia, tette, slide sul corpo, culo, faccia, faccia, tette, tette, culo e gambe, culo tette faccia, faccia e gambe, tette e gambe, da lontano visuale completa, piedi, tette tette tette.
Va avanti così per un centinaio di pagine.
Mike annota tutti i giorni le inquadrature nella vana speranza di vedere un colpo di scena un giorno, magari un faccia faccia faccia faccia, quattro inquadrature tutte sul volto della porcona seminuda. Ma niente da fare.
Del resto se hai una sesta e sei in tv non è certo perchè il pubblico vuole sentirti parlare di Prust.
Una volta finita la puntata Mike riponeva con cura il suo taccuino sotto le coperte del letto, facendo attenzione a non rovinare la copertina di pelle nera.

Dlin dlon, dlin dlon, dlin scrrattfuzzzzzzzzzbrrrrrrrrrrrrrrrsblaaamblaaaaaaaaammm.

Il campanello si dev'essere guastato, pensava mentre si dirigeva verso la porta.
E' arrivato, puntuale come sempre, incazzato come sempre, bestemmiando come sempre, sporco di rossetto della vecchia del bar come sempre.
Fanculo mike neanche lo reggeva più di tanto Matteo, però era il suo più vecchio amico e non poteva lasciarlo fuori dalla porta. Un pò perchè teneva alla loro atipica amicizia, un pò perchè alla fine si divertiva sempre con lui, un pò perchè gli piaceva ascoltare i racconti pornografici delle sue avventure sessuali con la vecchia. Ma sopratutto perchè non appena s'era guastato il campanello Matteo aveva di nuovo incominciato a bestemmiare furiosamente e stava per svegliare le ire di tutti i vicini.
"Cazzo hai che non apri?" disse sempre più nero.
"Cazzi miei, cazzo ci fai qui?"rispose mike.
"Secondo te?Perchè cazzo sono qua?Perchè al cinema non davano Marcella e le avventura delle cugine del diavolo?" Disse con il suo noto sarcasmo rompipalle "Sono le nove, sono affamato e devo lavarmi via di dosso il sapore di quella vecchia di merda."
"Quindi neanche oggi sei riuscito a suicidarti vero?" disse mike mentre si allontanava dalla porta lasciandogli lo spazio per entrare.
"Fanculo no, neanche questa volta, quella vecchia di merda ha il culo parato da qualche angelo" disse ridendo, poi si tolse la giacca e con velocità si chiuse in bagno, dove rimase una buona mezz'ora.
Quello che Matteo non sapeva era che la vecchia era veramente protetta da un angelo che ogni volta manometteva i suoi esplosivi e lo rendeva ridicolo. Un altra cosa che Matteo non sapeva però era che in quel momento l'angelo protettore della vecchia giaceva al suolo svenuto per le bestemmie pronunciate da lui poco fa e che quindi questo sarebbe stato il momento ideale per far saltare in aria il bar. Ma questo Matteo non poteva saperlo e infatti passò il tempo disponibile al massacro nel bagno di casa di Mike, nudo, nella vasca da bagno.

La storia di Matteo

Prima parte


Siamo in un bar, uno di quei bar piccoli che hanno appena tre tavolini alti e una manciata di sgabelli attorno. La barista è una simpatica signorona alta quel che serve per riuscire ad emergere dal bancone, fornita di un bancone anche'essa, una provocante qualità che in gioventù le fece avere numerose esperienze fra i banchi di scuola alle medie. Il biondo posticcio dei suoi capelli andava oramai via via scomparendo lasciando spazio all'inesorabile ritorno dei capelli nero-grigi ma ciò per lei non costituiva un problema, anzi, sempre più giovani la trovavano irresistibile e cercavano di avere rapporti over 50 con lei.
E lei ci stava alla grande, memore dei tempi in cui era un gran puttanone.
Ma non è di lei che voglio parlare. E' di ciò che accadde nel suo bar 6 metri per 3.
Quella mattina il bar era piuttosto affollato, seduta al primo tavolo troviamo Irma, una vecchia amica della barista, compagna di mille avventure. Irma è sempre stata piatta come una domenica pomeriggio o come l'encefalogramma di Borghezio, è diventata amica della barista appunto per questo: una piaceva ai ragazzi e l'altra no, una se li faceva per prima e poi li passava all'altra, talvolta è capitato che tutte e due se li facessero contemporaneamente ma ciò a Irma non è mai piaciuto perchè alla fine tutti preferivano sempre perdersi fra le tettone della barista.
Irma stava bevendo un caffè e fumava una sigaretta, una di quelle fine, bianche e macchiate di rossetto sul filtro.
Nel tavolo vicino stavano seduti tre uomini, tutti più o meno sulla trentina, tutti e tre bevevano te e tutti e tre si chiamavano Terenzio. Un caso davvero singolare, i genitori si giustificarono dicendo di essere dei grandi fan dei film di terence hill, ma di essere anche dei filofascisti amanti dell'italianizzazione di ogni parola. Infatti i tre erano diventati amici perchè a differenza degli altri ragazzi erano stati educati in un modo rigido e sempre linguisticamente attento. Nessuno ha mai detto croissant, sempre cornetto, nessuno ha mai detto baguette ma sempre sfiloncino, nessuno ha mai detto musica rock ma sempre musica pietra, il che è il motivo perchè nessun altro ragazzino volle diventare loro amico e i tre furono sempre isolati.
Anche perchè erano tenuti a dire pornostella invece di pornostar.
Nell'ultimo tavolo troviamo il protagonista di questa storia: il piccolo Matteo.
Matteo ha vent'anni ma ne dimostra diciannove, Matteo beve un guaranito perchè è un no global e non beve la coca cola, matteo mangia un toast ma senza il prosciutto perchè è vegetariano, Matteo legge i libri perchè la tv è troppo controllata dai politici e dalle multinazionali, Matteo legge la bibbia ma solo l'apocalisse perchè Matteo sogna l'estinzione del genere umano.
Infatti Matteo è molto agitato, sotto al tavolo sta nascondendo una piccola bomba fatta in casa, abbastanza potente da distruggere il piccolo locale. Ma Matteo non è un sadico violento, lui vuole solo vedere la gente morire, non vuole che soffra durante questo atto. O forse si.
Questo infondo a Matteo non interessa. Finisce in fretta la Guaranito, lascia a metà il toast che oramai è freddo e sbavato dalla sua eccessiva eccitazione e si alza di scatto in piedi.
"Gentili signori, se mi prestate attenzione nella mia mano potrete vedere una piccola bomba costruita in casa. L'ho fatta io, si non è perfetta, forse farà troppo fumo, o troppo rumore, o magari è troppo potente e distruggerà tutto il palazzo. Ma non m'interessa. L'importante è che voi tutti state per morire: la barista puttana, l'amica lesbica che non riesce a confessarglielo e quei tre fascisti di cui uno è gay ma ha troppa paura di dirlo agli altri perchè teme di perdere così la loro amicizia ma tutti e due lo sospettano già da tempo. Voi state per morire. Ora non domandatemi perchè proprio voi, non è che vi ho scelto per qualche motivo, siete capitati voi, il bar è delle dimensioni giuste e voi mi fate abbastanza schifo. Bene. Non cercate di scappare perchè oramai è troppo tardi. Avete dieci secondi per fossilizzarvi su di un pensiero felice o magari per chiedere scusa a Dio. Bene.
10 9 8 7 6 5 4 3 2 1...

Matteo prese in mano il detonatore e con decisione e maestosa sensazione di potere premette il bottone.
Niente.
La bomba non esplose. Matteo aveva sbagliato qualcosa.
Tutti i clienti del bar rimasero bloccati per qualche istante, poi si girarono e tornarono alle loro consumazioni.
"Porca puttana Matteo, ci provi tutte le settimane con sta cazzo di bomba, ma non capisci che è una cazzata, prendi una pistola e ammazzaci tutti piuttosto!" disse la barista.
Matteo era imbarazzato e parallizzato dalla vergogna e dalla rabbia.
"Dai su finisci il toast, voi tre fascisti fuori dalle palle, Irma chiudi il bar e tu piccolo mio vieni qua, lo sai cosa ti aspetta quando fallisci la strage, una bella scopata io te e la mia amichetta leccasorche, abbassati i pantaloni e vattelo a sciacquare va!"

giovedì 13 maggio 2010

Desideri compulsivi.


Lo voglio!

Commenti abilitati.

Ecco, adesso chiunque puó dire la sua su questo Blog.
E con chiunque intendo dire: Tomoski.
E con Tomoski intendo ovviamente dire: vagina.

Errori temporali

Oggi ho pubblicato un nuova storia, che peró, a causa di un disguido nel continuum spazio-tempo, é stata pubblicata da Blogspot nell´estate 2009.
Epoca in cui probabilmente ho aperto il blog ma in cui non ho pubblicato nulla.
Quindi vi invito ad andare indietro nel tempo per poter leggere: "La storia di Pierco".


Ma con chi cazzo sto parlando?
Nessuno legge il mio blog quindi posso permettermi di dire quello che voglio!
Cacca culo tette cazzo figa merda!

Fottetevi.
Pace & amore.

sabato 8 maggio 2010

Le mie 3 grandi paure.

Crescendo si deve arrivare a sviluppare una tale consapevolezza di se utile per potersi districare nelle quotidiane difficoltà. Il fatto che abbia deciso di mettere ordine fra le mie paure è un gesto significativo per indicare che da adesso in poi sò quali cose mi possono ottenebrare la mente o paralizzare le ginocchia, una specie di Achille consapevole del suo tallone.
In questo caso i talloni sono 3.

Al terzo posto:
- La paura di viaggiare in aereo: sono totalmente congelato all'idea di salire su di un aereo, ok è una paura comune ed esistono centinaia di modi per risolverla. Dalle pastiglie ai polsini per finire nell'alcol o l'uso di stupefacenti, magari anche di sonniferi. Ma non sto parlando della singola paura di volare, parlo di una paura che ne mescola ancora di più in se.
La paura di viaggiare in aereo comprende un sacco di sfaccettature: lo stare chiusi in un luogo tendente al claustrofobico, lo stare sospesi in aria
conciliabile con un senso ampio di vertigini ed infine l'essere totalmente inermi, larve che ripongono la propria vita nelle mani di un solo uomo: il pilota.
Uomo che magari la sera prima si è ubriacato come un pazzo per dimenticare un divorzio e che sono mesi che progetta l'omicidio della sua ex-moglie, un uomo che magari segue ogni corsa del motomondiale, ama il calcio, è iscritto a scientology, con i soldi del suo lauto stipendio si compra armature medievali per andare ad interpretare un maniscalco nelle fiere medievali del suo paese di origine e che, per finire, magari non ha un minimo di cultura musicale.
Ecco, com'è concepibile mettere la propria vita nella mani di qualcuno che, probabilmente, in altre situazioni della nostra vita, ci starebbe proprio sul cazzo?
Che cavolo, come minimo dovrebbero distribuire il CV di ogni pilota prima della partenza di modo tale che uno possa scegliere se partire o no. Se devo morire su un aereo voglio che il mio pilota sappia almeno chi è Mike Patton.

Al secondo posto:
- La paura dei vulcani, vesuvio in particolare:
la natura è un immensa bastarda, incontrollabile puttana che si distrugge, esplode, espande, invade, affossa, sommerge, taglia, sfascia, desertifica e deteriora ogni cosa. Sia chiaro, non si può odiare la natura per com'è, si può però guardarla con scetticismo. E io sono scettico nei suoi confronti.
Che cazzo non ti puoi permettere di valangare su ogni cosa, franare su villaggi e tsunamare su isole. Naturalmente sono ben conscio di quanto l'atteggiamento strafottente dell'essere umano abbia reso questi spiacevoli eventi sempre più catastrofici e continui, bisogna riconoscerlo se no a che cazzo servono film come quello di Al Gore?
Detto ciò però non mi sembra abbastanza per giustificare i vulcani. I vulcani agiscono anche senza il contributo dell'uomo. I vulcani esplodono perchè ne hanno le palle piene. Li capisco, sono i brufoli della terra e devono avere la possibilità di sfogarsi anche loro. Però mi sembra un discorso un pò del cazzo se lo applico alla morte dei miei cari.
Come noto, io origino da Napoli e più precisamente la casa che mi da ospitalità da sempre è collocata in una zona già nota alla furia dei vulcani: Ercolano. Quindi, durante la mia permanenza vacanzifera, sono costretto a convivere con questa montagna di lava tappata. Una presenza che già in passato si è divertita a incenerire e radere al suolo il medesimo paese.
E' una situazione alquanto fastidiosa, sapere che sulla propria testa pende questa condanna casuale di una possibile quanto improbabile eruzione. Questa precarietà rende precario anche il mio sonno, Napoli è una città viva di stronzate anche di notte: allarmi delle auto che scattano all'improvviso, feste di malavitosi che culminano con lo scoppio di fuochi d'artificio a tutte le ore della notte, spari, latrati di cani randagi, ululati di cani ancora più sinistri.
Napoli non dorme.
E come si può pretendere allora che un essere umano, nel pieno di una crisi paranoica, possa trovare riposo? se collega gli allarmi delle auto con possibili sirene d'emergenza, i cani come sensitivi di qualcosa che sta per accaddere, gli spari e i fuochi d'artificio come prime timide avvisaglie di una colata magmatica imminente.
Non lo si può pretendere, e infatti, non si dorme.

Al primo posto:
(rullo di tamburi)
- La paura di perdere i capelli: Dai su, non sorprendetevi, un blog che inizia tessendo le lodi della propria superficialità non può che culminare con questa dichiarazione. Nemico pubblico numero uno, la calvizie. Il ritrovarsi senza più quella matassa capellosa sopra la testa, quella distinta accentatura di stile capace di sottolineare un volto, renderlo ridicolo o incorniciarne la maestosità, quella protesi di personalità, prolungamento del proprio amore per se stesso.
Ok, ammetto che la perdita ai capelli non è paragonabile ad una morte dolorosa come l'essere travolti da una colata lavica. Ma è più subdola, perchè è capace di farti dubitare di te.
Tu guardi un vulcano, lo vedi eruttare e sai che non puoi farci niente, se non il metterti a correre.
Tu ti guardi allo specchio, vedi che le cose stanno cambiando senza il tuo consenso, vedi che li dove una volta c'era un bel ciuffo, ora si trova un ventaglietto rado di capellame fine, quasi una pinna di pesce. Le ombre e gli spazi si fanno più calcati, sai che saresti ridicolo se te li facessi crescere di nuovo. Oh si, non c'è nulla di peggio di chi ostenta la caduta dei capelli volendola ignorare, magari trovando modi per fare un riporto appena percettibile. Però, sotto sotto, lo sai che qualcosa sta cambiando, qualcosa da cui non puoi tornare indietro.
I capelli restano un modo per essere estrosi, per comunicare. Io passo la maggior parte del mio tempo con le mani dei capelli, ho un rapporto quasi morboso con loro, forse proprio perchè sono consapevole della mia genetica condanna alla solitudine e le mie dita vogliono quasi cibarsi della loro consistenza. Una cosa paragonabile ai baci dati ad una persona che sai non rivedrai mai più.
I capelli cadono, e tu decadi.
Non è la fine del mondo, è un nuovo inizio, una seconda vita della tua testa che prende aria, conquista il suo spazio, riflette luci e sapori, ti rende sensibile all'inverno e facile superficie da graffiare. Ti porta a risparmiare sugli shampoo, eliminare spese inutili quali il barbiere, risparmi tempo dopo la doccia, uscendo dalla piscina, nel prepararti la sera prima di uscire.
Ha molti lati positivi, si.
Ma nella musica non è applicabile, su dai, ditemi adesso il nome di un singolo cantate e/o chitarrista che, completamente calvo, può essere avvicinato al vibrante carisma di un altro collega che accompagna le sue esecuzioni con una massa voluminosa e ondulata di lunghi capelli dorati. Robert Plant, senza i capelli, non sarebbe nessuno. Billy Corgan senza capelli è lo zio Fester della famiglia Addams o uno di quegli spot di sensibilizzazione sul tema Leucemia. Il cantante dei Rem è costretto a truccarsi vistosamente per pareggiare i conti e per essere un po più gay. Cosa sarebbe Mike Patton senza il suo casco nero petrolio di capelli leccati indietro? Il cantante dei Millencolin, da quando è calvo, non dice più nulla.
Il mondo della musica e il mondo dei capelli vanno di pari passo. Che anni sarebbero stati quelli dei Beatles se i fab four fossero diventati famosi senza portarsi dietro quella pettinatura? credete davvero che avrebbero avuto il peso che hanno avuto senza i loro capelli? E i metallari? loro non sono un cazzo senza capelli, anche se esistono parecchi esempi di metallari calvi, che però, più che membri del gruppo, sembrano persone casuali prese dalla strada per ricoprire un ruolo che non gli si addice più di tanto.
Ecco.
Non voglio fare quella fine li forse.
O forse, più probabilmente, sono solo insicuro e quindi vedo i capelli come una certezza di stima quando in realtà sono solo una bellezza accessoria.

Comunque, per concludere, si può notare quanto alla fine le mie paure principali siano tutte condizionate dallo stesso fattore: l'impossibilità di avere il controllo su di qualcosa.
Impossibile controllare un aereo.
Impossibile controllare la natura.
Impossibile controllare la vecchiaia.

Il segreto forse è semplicemente il lasciarsi andare e vedere come vanno le cose, affidarsi ad un destino superiore. Però mi sta sul cazzo, dai ho un cervello sfruttato pochissimo e non posso controllare la caduta dei miei capelli???

venerdì 7 maggio 2010

Re: Io e il mio cervello

Pochi minuti dopo la pubblicazione del post sul conflitto fra me e il mio cervello é entrato nel museo un Krishna, non só se effettivamente si definiscano cosí, fatto sta che é entrato uno di quei ragazzi vestiti di arancione con la testa rasata e la fronte colorata di oro.
Un sorriso ebete da sicuro ex-tossicodipendente ma che, a differenza di quelli che ti rompono il cazzo all´uscita dei negozi con la domanda: "Ehi ciao, che cosa pensi di chi esce dal tunnel della droga? Vuoi fare un offerta? Se ce la fai ti diamo questa bellissima penna assemblata dai nostri colleghi tossici!", con un fare gentile e pacato é riuscito a farsi ascoltare da me.
Certo, non aveva risposte se non quelle standard di una persona che, disperata, si é buttata in un mondo di facili risposte adattabili per qualunque stadio di una depressione conscia, ma aveva un qualchecosa che lo rendeva affidabile.
Il fatto proprio di essere entrato dicendo che la nostra mente mente e che la maggior parte dei nostri mali originano dal nostro cervello gli ha dato quell´investitura da "colui che sa come cazzo ti senti". Si puó dire che sia capitato a fagiuolo.
E non é stato il caso, di sicuro dietro cé qualcosa.
Che l´associazione Krishna controlli i blog di tutto il mondo per sapere in che momento una persona perde la fiducia nel cervello per potersi fiondare ed ottenere nuovi adepti?
A questo punto mi domando perché abbia riposto alla mia richiesta di aiuto solamente Krishna quando é chiaro che avrei preferito Obi Wan Kenobi.
Al diavolo!

Io e il mio cervello

una storia di amore e odio



Ultimamente il mio cervello si prende troppe libertá, vaga senza meta proiettando continue immagini nella mia testa, immagini di cui farei volentieri a meno. Ma come puó un uomo solo riuscire a controllare le maree cerebrali? Le fughe di gas tossico di una materia grigia che piú che grigia oramai é nera pece. Una macchia di petrolio che si espande lentamente ricoprendo ogni cosa, come in Louisiana.
Dico io, non é per niente razionale la totale impossibilitá di prendere il sopravvento sulla propria fantasia, ok, sulla carta potrebbe sembrare uno scontro fra titani ma il punto che sfugge é che un elemento dipende direttamente da un altro. Cosa chiedo, in pratica chiedo al mio cervello di darmi delle opzioni, magari anche esposte formalmente bene:

Cervello: "Buongiorno Padrone, come sta oggi? dormito bene? se fosse cosí gentile da concedermi un minuto vorrei che osservasse la lista di fantasie ed immagini che io, suo umile servitore, vorrei proporle oggi."
Padrone: "Buongiorno un cazzo. Che cazzo ti é preso stanotte? ancora con quei sogni? mi sembrava di essere stato chiaro con te l´altro giorno."
C: "Ma padrone, lei sa benissimo che io controllo solo in parte i sogni, posso decidere alcuni argomenti ma il risultato del mescolamento é del tutto casuale."
P: "Casuale o no dobbiamo risolvere il problema, puoi spegnere le trasmissioni magari?"
C: "Posso spegnerle per alcuni momenti del sonno ma non posso assicurare che la censura perduri nell´arco di tutta la notte."
P: "E` un rischio che posso correre, ok, vada per l´oscuramento del canale allora, fino a nuovo ordine lascia tutto offline."
C: "Come desidera Padrone. Posso procedere con il menú adesso?"
P: "Si, procedi pure."
C: "Allora, come antipasto oggi vorrei iniziare con delle fantasie leggere, una cosa alquanto scherzosa, ultimamente é molto in voga la rivisitazione di passate epoche storiche quindi partirei con una bella immagine di Lei a cavallo che attraversa un villaggio di contadini che la acclamano come salvatore del raccolto."
P: " No no no no, non ci siamo, io odio i cavalli, voglio qualcosa di diverso!"
C: " Padrone, non credo che un asino sia indicato!"
P: " Macché asino, su su cazzo impegnati, mettiamoci qualcosa di assurdo, dai!"
C: " Ma non possiamo partire giá con elementi assurdi! Siamo appena all´antipasto! Cosa vorrebbe, un grifone? un drago multicolore? un unicorno?"
P: "Ecco si! Fatta per l´unicorno! Mi piace, é un cavallo ma con quel qualchecosa in piú che non lo rende un cavallo! Non trovi?"
C: "Come vuole lei Padrone, peró credo che una partenza soft sia piú adatta..."
P: "Fanculo il soft, ah, e aggiungiamo pure che mi acclamano perché li ho salvati da un orda di barbari, 10.000 barbari in armatura di scorpione e tartaruga, e che li ho sconfitti tutti grazie alla lucentezza della mia spada laser!"
C: "Padrone, credo che ora lei stia esagerando, una spada laser?"
P: "Perché no? Sono le mie fantasie, posso metterci quello che voglio!"
C: "Si, ma lei infila sempre elementi tratti da star wars, non crede sia ora di cambiare un pó argomento?"
P: "Non ci sono unicorni in star wars!"
C: "Ha ragione, ma si ricorda di quel piccolo incidente di qualche settimana fa? La fantasia ambientata suoi banchi delle superiori e culminata con la scoperta dei poteri della forza e conclusa con lei che faceva roteare i banchi fuori dall´edificio facendoli schiantare sulle automobili degli insegnati? Si ricorda quanto tempo e quanto lavoro c`é voluto per riportare ordine nella sua quotidianitá?"
P: "Si ma adesso é diverso, sono pronto, sono capace di controllarmi, e poi si tratta solo di una spada laser! Dai cazzo!"
C: "Propongo una spada luminosa e lucente, capace di tagliare la pietra e il ferro ma non laser, una lama infuocata credo sia sufficente per darle quell´aria leggendaria."
P: "Che palle, accetto a malincuore, procediamo su."
C: "La ringrazio, proseguendo con il menú vorrei proporle come primo piatto una novitá, una fresca fantasia che riguarda lei, il successo musicale ed il benestare economico attraverso una serie infinita di concerti tutto esaurito. Accompagnerei il tutto con una capacitá di controllo vocale quasi totalitaria, direi qualcosa in piú delle 5 ottave che tanto la fanno sospirare e capelli, tantissimi capelli."
P: "Mmmm, sa di giá sentito, peró é un cliché che funziona, aggiungiamo una serie infinita di grupies e un concerto in uno stadio dove io vengo calato sul palco da uno Zeppelin in fiamme sul quale a caratteri cubitali é impresso il mio nome?"
C: "Credo si possa fare, si dai..."
P: "E posso decidere la formazione che mi accompagna? Tipo, vorrei alla batteria Dave Lombardo, al basso Lemmy, alla chitarra Dave Grohl e alle tastiere, mmm, chi cazzo potrei volere, Yoda! Si alle tastiere Yoda!"
C: "Padrone, sta infilando un altro elemento tratto da star wars, non crede sia il caso di rivolgersi ad uno specialista per risolvere questo problema?"
P: "Fottiti! Stai zitta cazzo, voglio Yoda alle tastiere! E`la mia cazzo di fantasia, potrei volere anche un mammut addestrato al flauto se solo lo volessi ma non lo voglio, voglio Yoda e voglio che suoni le tastiere saltando come un pazzo per riuscire a raggiungerle."
C: "Credo sia il caso di andare avanti, prima che sia troppo tardi, come secondo avevo pensato ad un classico che lei ama tanto, una giornata in cui riesce a controllare il tempo, fermarlo a suo piacimento per potersi dedicare alla svestizione e la vestizione di tutte le donne che preferisce."
P: "Siii mi piace! é da un pó che non la preparavi questa! Facciamo che sono a Milano durante la settimana della moda??? O no, meglio sull´isola delle amazzoni superfiche superlesbiche e superbisognose di essere inseminate? Quell´isola che avevamo preparato qualche anno fa, ti ricordi?"
C: "Si Padrone, ricordo. Ma le ricordo anche che su quell´isola lei ci é giá stato innumerovoli volte e che oramai quasi tutta la popolazione femminile é incinta. Vorrei inoltre ricordarle che, sempre seguendo le sue volontá, nessuna ha ancora partorito, ci sono donne incinta da 36 mesi che desidererebbero tanto staccarle la testa."
P: "Cazzo, hai ragione, ora ricordo, beh falle partorire tutte adesso cosí posso iniziare da capo!"
C: "Se le facessi partorire tutte adesso, nello stesso momento, lei si ritroverebbe 12.438 volte padre in pochi secondi. E`disposto a correre questo rischio?"
P: "Cazzo, ma non posso lasciarle cosí, e se le facessimo partorire e poi con i miei poteri fermassi il tempo di modo da poter approfittare di loro indisturbato?"
C: "Non credo che apprezzerebbe delle vagine che hanno appena sfornato bambini di 28 chili."
P: "Hai ragione, cazzo, vabbé falle partorire ora e la fantasia spostiamola a Milano durante la settimana della moda. Ah, giá che ci siamo, alle mamme dei miei figli manda dei fiori e dei cioccolatini e per il futuro sfrutta pure i soldi dell´altra fantasia per assicurare che tutti abbiano un instruzione decente. Ah, e in caso non dovessero bastare i soldi direi di optare per un olocausto nucleare sull´isola."
C: "Come lei desidera, vuole sentire il dessert?"
P: "Oh si, adoro i dessert..."
C: "Lo só padrone, é per questo che le ho preparato qualcosa di speciale, un semifreddo a base di vendetta e rivincita: lei, nella fabbrica della Mattel, Detective privato che svela il rapporto malsano e innaturale fra Big Jim e la piccola nipotina di Barbie, Shelly."
P: "Cervello, perché devi farmi questo?"
C: "Perché? Cosa non va padrone? Lei, in qualitá di detective, svela questo fattaccio e fa arrestare Big Jim che finisce dietro le sbarre, disonorato e alla mercé di tutti i cattivoni che potranno approfittarsi delle sue plasticose natiche ogni qualvolta lo desidereranno!"
P: "Mi hai deluso, potevi puntare su qualcosa di piú eclatante, invece no, non me ne faccio niente di questa subdola rivincita."
C: "Non capisco, ma mi dispiace averla delusa. Posso rimediare in qualche modo? Vuole celebrare di nuovo le nozze fra lei e Winona Ryder degli anni d´oro?"
P: "Non só, non ne ho voglia."
C: "Allora quella fantasia dove lei é invisibile e riesce ad intrufolarsi nel dormitorio femminile di un universitá americana a caso!"
P: "Giá fatto, giá visto, e poi le tette iniziano ad annoiarmi."
C: "Oddio Padrone, ma cosa sta dicendo! Perfavore, mi dica come posso aiutarla!"
P: "Facciamo una cosa normale dai, sto lavorando al Museion come tutti i giorni, mi sto annoiando come tutti i giorni quando all´improvviso..."
C: "Entra una classe di 20enni in gita dalla scuola di clausura per giovani ninfomani che le chiede una visita guidata speciale nell´orario di chiusura mentre non cé nessuno in casa e le videocamera di sorveglianza riprendono il tutto mettendola subito in rete e rendendola l´idolo di una nuova generazione di pugnettari?"
P: "Fuochino...e se invece di punto in bianco scoprissi di saper usare la forza?"
C: "... No, la prego, basta."
P: " Ma si, pensaci! Io che uso la forza e sposto tutte le opere del museo e faccio un casino esagerato e magari lancio pure i fulmini di forza dal tetto!!!"
C: "Padrone, io mi ritiro nei miei alloggi, quando vorrá farmi lavorare allora me lo comunichi."
P: "Si, ottimo, allora fai partire la programmazione quotidiana e siamo d´accordo per stanotte vero?"
C: "Si, come lei desidera Padrone."

Il cervello si ritira, lasciandomi da solo, perso nei miei deliri di onnipotenza.
Si butta negli psicofarmaci e negli antidepressivi e io mi tolgo un problema.
Sarebbe bello, si cazzo.

giovedì 6 maggio 2010

Il Re é merso.

È del tutto inutile stare a discutere del lutto ignobile, mutevole, volente o nolente, no lente: quindi l ´occhiale é lento e senza vento ma la vela non vola e non si inalbera la mole della mola.
Che sola, che solitaria, che aria, se salti in aria e spargi asparagi che sparano raggi nei volti dei re magi, re maggi, che il re mangi! E mangiando, bevendo, ingrassando l´evento si levi di capo, il capo si levi la corona e si elevi dalla prona, posizione tersa, definizione emersa, levatura scarsa, saldatura persa che verdura arsa. Come posso nutrire la mia reale persona con una dieta a zona? Che zona? che porre? come zona possono andare le Azzorre? E l´azzurro? il pomeriggio é tutto azzurro e lungo per meglio dire fungo, ecco si cosí potrei passare da licheni e affini a liquami e lini, chini, trini e uni, funi che come guerre puni che puniscono e conoscono o per meglio dire disconoscono e disco disco good good, goode bene chi ride in val d´ultimo e se adesso non mi ammazzo é grazie all´arazzo. Che cazzo. Che razzo, c´era un ragazzo che come me amava i bitorzoli sulla fronte delle fronde delle rane a frotte che rotte annebbiavano marciapiedi e strade, piú uniche che rade, piú puniche che, ah no l´ho giá detto e lo hai giá letto. A letto si, sarebbe giusto, ma dovrei fare la corte alla mia corte, ma le parole sono morte quindi la canto: cor te, partiró! Sono un tenore a tutte le ore ma il mio fetore fa da conduttore per dare spessore ad un qualunque terrone, guerra al terrore e al terrorismo sará un eufemismo ma non credo al miasmo e sopratutto nel marxismo, al massimo decrepito in uno screpito il tuo credo a discapito e se capito per caso nel tuo maso non farci caso ma fanne un caso o un casino, bel maso pieno di femmine e che bordello il tuo budello, ma tu sei il capo o il bidello? io sono re e sto da me e sto da sol e che si fa? la, mi, pia e ce e la pece e la pace. Sia fatta la luce, sia fatta la mia volontá, sia fatta la tua voluttuosa voluttá.
Che fine, fuochi d´artificio? fuchi da carneficio? fichi da ripiego mentre spiego che é tutto un vezzo e non vale un cazzo per cui mi tolgo di mezzo ma avviso, sono degno del mio regno come un ragno che é pregno del suo lagno. Tessete altre tessere mentre disseto il mio essere e saluto.
Addio e benvenuto.

lunedì 3 maggio 2010

Gnomi e cognomi.

Capitolo 2



Era una mattina come mille altre, il sole era pallido e nascosto da una coltre bianca ovatta, la temperatura non era per niente fredda, lontanamente calda, simpaticamente mite. L´umiditá permetteva appena il formarsi della rugiada sui fiori ma non il proliferare delle zanzare, il vento era azzerato e il silenzio si disperdeva interrotto solo dal ruminare di dentiera di qualche anziano.
Louis e Magda erano in giardino, come tutte le mattine si dividevano equamente i compiti da svolgere, oggi Louis avrebbe letto per mezz´ora il giornale, dato che era lunedí.
Un pó perché il lunedí era l´unico giorno della settimana in cui l´edicolante veniva rifornito e un pó perché il lunedí era la giornata che Louis dedicava al riprendersi dalle fatiche domenicali.
La domenica in genere si differenziava dal lunedí perché Magda iniziava a cucinare vero le 10:30 mentre Louis si dedicava a risolvere quelle faccende che durante la settimana aveva sottovalutato.
Pulire la vasca delle rane era una di quelle cose che Louis sottovalutava ben volentieri dato che a lui le rane non piacevano, erano un vezzo di Magda che aveva insisto per averle. Non che lei fosse una appassionta di questi anfibi, le voleva semplicemente per creare invidia nei vicini.
Luois non aveva obbiettato piú di tanto perché sapeva che non c´era odio in questo desiderio, sapeva bene che in una esistenza comandata da minuscole vittorie, l´avere un segno di distinzione cosí particolare significava entrare di forza nelle discussioni del quartiere.
E la vasca delle rane, suo malgrado, era stato un discorso capace di dominare l´attenzione dei vicini per almeno due settimane.
Louis non disse mai a Magda quanto quelle rane lo rendevano nervoso.
Optó per uno sciopero bianco ignorando completamente la cura e la pulizia di quel viscido mondo. E le rane, ben presto, avevano reso la vasca un luogo inospitale ed invaso di liquami gelatinosi che per lo piú erano stati creati per generare una sterminata figliata. Nel frattempo peró, invece di girini, la vasca si era popolata di ben piú fastidiose zanzare, insetti del tutto nuovi per il quartiere.
Cosí Louis si ritrovó ad odiare le rane per il loro odore e continuo gracidare e ancora di piú si ritrovó ad odiare le zanzare per il loro molesto volare e pungere ogni cosa nel loro giardino.
E Louis passava molto tempo in giardino.
Magda era invece piuttosto serena, le zanzare la ignoravano, come se avessero rinunciato all´idea di cercare uno spiazzo in cui pungere e nutrirsi in mezzo a tutte quelle rughe. Avevano invece dato vita ad altre 4 settimane di discussioni nel quartiere e la cosa, anche se non propriamente positiva, era ugualmente motivo di orgoglio per Magda.
Cosí, mentre quella mattina Louis allontanava le zanzare con il giornale appena acquistato e Magda dava una sistemata alla vasca, un enorme Tir pieno come un uovo viaggiava alla massima velocitá verso la collina che separava il quartiere dall´autostrada vicina, incurante degli alberi secolari che separavano il loro mondo protetto da il mondo bastardo e, usando la collina come trampolino, si schiantava in posizione perfettamente verticale sopra un attonita Magda, appiattendola insieme a tutte le rane.
Louis non aveva sentito nulla, aveva oramai l´abitudine di spegnere l´apparecchio acustico per ignorare il rumore di sottofondo generato dalle rane, si era accorto della comparsa del Tir solamente per l´ombra che gli si era proiettata sul giornale.
Richiuse il quotidiano, arrabbiato perché convinto di avere a che fare con una nuvola carica di pioggia, e con lacerante sorpresa si rese conto dell´immenso totem di lamiere che si ergerva nel suo giardino, piú precisamente sulla vasca delle rane (cosa che lo rendeva felice) ma ancora piú precisamente su sua moglie (cosa che lo avrebbe gettato nel piú totale sconforto).
Mentre si gettava al suolo nel pieno della disperazione, il destino decise di accanirsi contro di lui e aprí il portellone del Tir permettendo la fuoriuscita del carico. I vicini dissero che fu una scena molto toccante, Louis in lacrime impegnato a prendere a pugni e strappare a mani nude il prato mentre una pioggia di gnomi da giardino ricopriva quella disgrazia rendendola quasi comica.