lunedì 2 maggio 2011

La Regina di Ghiaccio e il Golem di Pietra.

Ci sono luoghi della terra popolati da esseri straordinari. Ci sono isole che non vedono mai la notte, foreste dove non smette mai di piovere, fiumi che trasportano acqua arcobaleno e montagne capaci di spostarsi per godere meglio di un bacio solare.

In una di queste isole viveva un Golem di pietra. Era un uomo alto e inamovibile, serio e cauto, pesante e insopportabile, forte e inarrestabile, solitario e scontroso. Amava stare fermo nei pressi di una cascata, amava il suono che produceva la rottura dell’acqua e amava la velocità con la quale rompeva la roccia. Lui ci aveva provato a farsi scalfire, si era messo sotto il flusso per parecchi mesi ma non servì a niente, il suo corpo era troppo duro anche per madre natura.
Così si era allontanato sconsolato e in poche settimane si era spostato di quei metri che servivano per avere una visione totale della cascata e una percezione perfetta del suono.
Il Golem non riusciva a stare con nessuno, allontava gli uccelli che volevano nidificare nelle sue orecchie ed emetteva forti sbuffi sulfurei per allontanare gli animali attratti dal muschio che gli cresceva sulla schiena.

Un giorno arrivò l’inverno. Non era la prima volta che il Golem vedeva la neve, ogni anno veniva sempre ricoperto fino agli occhi e riusciva a riguadagnare la vista solo in primavera. Ma questa volta era diverso.
Questa volta non voleva diventare cieco, questa volta voleva godere della visione della cascata anche durante il freddo.

Così passarono i giorni, giorni dove le piante morivano o si addormentavano, gli animali si rintanavano per proteggersi e l’acqua si congelava. In poco tempo il flusso della cascata divenne sempre più fievole, il rumore quasi impercettibile finché non si arrestò del tutto con la comparsa della Regina di Ghiaccio.

La Regina di Ghiaccio arrivava sempre quando l’inverno era iniziato da tempo, arrivava per chiudere le porte della natura e mettere tutti definitivamente a dormire. Chiudeva i rubinetti dei fiumi, sollevava le coperte nevose sui prati e cristallizzava le gemme sugli alberi. Lo faceva senza guardare in faccia nessuno, perchè nessuno aveva mai avuto la forza di guardarla negli occhi, quegli occhi appuntiti capaci di entrare dentro l’anima e congelarti all’istante. Quegli occhi curiosi e fieri che se fossero stati tolti dal suo corpo e messi nel cielo sarebbero diventati stelle lontane la cui luce poteva illuminare qualche pianeta sulla strada di casa.
Era abituata ad essere sola, a non sentire niente, a credere solo in se stessa e nel suo lavoro. Il Golem la osservava silenzioso, nascosto dalle folte sopracciglia muschiose. Lei camminava delicata, congelando fiori e generando neve. Poi si avvicinò al Golem e, avvicinando le dita alla bocca, soffiò delicatamente una valanga di neve sopra l’ignaro essere senziente.

“Ferma!” gridò il Golem con tutta la sua forza, così potente da spaccarsi le labbra, così deciso da pietrificare la Regina che, non avendo mai avuto contatti con nessuno, si spaventò cercando di difendersi.

Così inziò una lotta che mai nessuno aveva visto. Il Golem si alzò arrivando a mostrare la sua vera altezza e non mento se dico che a confronto gli alberi secolari li vicino sembravano bastoni da passeggio. La Regina si sentì minacciata da tanta imponenza e iniziò a tempestarlo di saette congelate che però lo solletticavano solamente. Il Golem in risposta iniziò a muovere le braccia montuose con lenta determinazione, allontanandola quel tanto che bastava per riuscire a ripararsi dagli attacchi.
La Regina si ritrovò con le spalle alla cascata di ghiaccio e fu li a capire come battere il Golem. Con la sua forza spaccò la cresta che teneva immobile il flusso dell’acqua e direzionò il getto contro il gigante di pietra che non oppose nessuna resistenza, sicuro della propria imbattibilità. Non appena fu ricoperto d’acqua la Regina si riempì i polmoni di tutto il suo gelo e gli soffiò addosso l’inverno dei tempi.

Ci vollerò pochi istanti e il Golem si ritrovò senza capacità alcuna di muoversi.
Era bloccato. La regina aveva vinto.

Ma lui non poteva cedere, era una creatura di straordinaria potenza e focosa passione celata all’interno di tonnellate pietrose. Da lontano si sentivano stridii acutissimi, come di montagne sfregate l’una contro l’altra. Era il Golem che, raccolte tutte le energie, cercava di liberarsi da questa presa.
Ma neanche lui conosceva l’entità della sua vera forza, se ne rese conto solo nel momento di massima pressione in cui vide la pietra di cui era composto iniziare a spaccarsi. E da queste ferite vive si preparava ad uscire qualcosa di cui aveva solo un lontano ricordo: la sua anima lavica. Diventò un uomo di magma in un istante, la pietra vulcanica di cui era composto era finalmente tornata viva, l’essere pacato che tutta l’isola aveva sempre ritenuto un monte in realtà era un vulcano.
Con rabbia investì la Regina di Ghiaccio, facendola saltare indietro per parecchi metri, sciogliendole le difese che si era costruita per preservarsi dal calore e dalla primavera.

Ma una volta abbassate le difese il Golem riuscì a vedere per la prima volta il vero aspetto della Regina, rendendosi conto di avere a che fare con una ragazza troppo bella per essere umana, troppo perfetta per non essere parte viva della terra.

Lei giaceva al suolo, tutto si stava sciogliendo, tutto nasceva di nuovo. Gli alberi e i prati pensarono di essere arrivati già alla primavera quindi sbocciarano senza timore. I fiori coloravano il giaciglio su cui il Golem la stese, arrabbiato con se stesso per aver ferito quell’essere così delicato.
La fissava negli occhi chiusi, godeva della sua pelle ritornata rosa, respirava quel suo profumo, il profumo di quei capelli che adesso si mescolavano con i fili d’erba, con l’edera, con i fiori.

Quando la Regina aprì gli occhi, per la seconda volta nella sua vita, sentì il battito del suo cuore che era tornato a pulsare dopo essere stato liberato da tutto il ghiaccio. Davanti a se aveva quello che restava di colui che una volta era un Golem di pietra, poi diventato vulcano, ed infine, una volta svuotato di tutta la furia repressa in quel corpo mastodontico, diventato uomo.

Lui la prese per mano, vedendo per la prima volta come erano le sue mani senza tutte le pietre che si era costruito attorno e fu felice di vederle così piccole, così calde, così normali. La strinse e lei si rese conto di poter sopportare quel calore, di volerlo sentire, di poter controllare il suo gelo.

Si baciarono, stendendosi sull’erba.

Quell’anticipo di primavera li fece innamorare, quell’anticipo di primavera diede la possibilità al ghiaccio e al fuoco di trovarsi insieme. Quell’anticipo di primavera turbò solo gli ecologisti, che ancora oggi non si spiegano il perchè della scomparsa delle mezzestagioni.